L’approfondimento di Riccardo Muni: “Napoli, tre punto zero”
Il prossimo fine settimana non ci sarà il campionato, per i nuovi impegni delle nazionali. Mentre Carlo Ancelotti lavora con un gruppo a ranghi ridottissimi e cerca di capire le condizioni fisiche di Ghoulam, Younes e Meret, tutti reduci da infortuni di lungo corso, noi tifosi ne approfittiamo per divagare su argomenti diversi da gol e risultati, per ingannare l’attesa in vista del prossimo impegno del Napoli. Nel 2013, il tecnico Walter Mazzarri decise di cambiare aria, dopo quattro anni esaltanti. Fu quello un momento cruciale nella storia recente della nostra squadra del cuore, poiché registrò una fase di crescita anche a livello internazionale. Con l’avvento di Rafa Benitez in panchina, Aurelio De Laurentiis cambió pelle alla squadra, prelevando elementi di caratura internazionale da squadre come Liverpool e Real Madrid. Fu allora che si cominciò a plasmare un gruppo che oggi sembrerebbe pronto per vincere qualcosa di importante. Era finita l’epoca di Lavezzi e Cavani, di Cannavaro e De Sanctis e ne cominciava una decisamente più internazionale. Sotto la guida del tecnico spagnolo nacque il Napoli uno punto zero, non più squadra reduce dal fallimento e dalla terza categoria ma squadra di rango, stabilmente ai vertici del calcio nazionale. Non più squadra attenta prima a non prenderle ma compagine in grado di imporre la propria forza. Fu allora che il Napoli riuscì persino a piegare la vecchia signora nella finale di Doha, vendicandosi dello scippo subito due anni prima. Il Napoli, da bruco si scoprì crisalide, pronto per diventare farfalla. Il biennio Rafaelita, che aveva lasciato in eredità elementi del calibro di Reina, Callejón, Mertens e Koulibaly, oltre a un certo Higuaìn, è l’unico contrassegnato da due trofei vinti: la coppa Italia, nella tragica serata romana in cui il razzismo ebbe la meglio sulla passione sportiva e la supercoppa, appunto. Arrivò Maurizio Sarri che diede il via al Napoli due punto zero, caratterizzato da un gioco esaltante. Al suo avvento sulla nostra panchina, il tecnico di Figline confessò di aver trovato una squadra triste. In effetti dovette recuperare capitan Hamsik, troppo frettolosamente scivolato ai margini della squadra e far esplodere i vari Koulibaly, Insigne e Ghoulam. Fu Sarri, inoltre, a dover gestire l’addio improvviso del Pipita, dopo il record dei trentasei gol segnati in un solo campionato. Il Napoli due punto zero ha raccolto consensi dappertutto ed il termine sarrismo è diventato un neologismo presente anche sulla Treccani. La crisalide azzurra è diventata una bellissima farfalla e sebbene non abbia vinto alcun trofeo, il Napoli due punto zero rimane la squadra campione d’Italia sul campo (…espressione che tanto piace a qualcuno…) in virtù dei novantuno punti conquistati nello scorso campionato. Purtroppo, il sogno nel cuore che avevamo, è stato infranto da un palazzo impossibile da conquistare. Il sarrismo ha consentito di frantumare record su record, inanellando una serie di numeri mostruosi e, nonostante le discutibili vittorie altrui, c’è chi non ha digerito tanta bellezza. Il comandante, appellativo attribuito a Sarri dai tifosi, è oggi l’unico allenatore ancora imbattuto in Europa ed i suoi nuovi tifosi, quelli del Chelsea, sono già pazzi di lui, con buona pace di Allegri e della sua panchina d’oro. Per alzare ulteriormente l’asticella, Aurelio De Laurentiis ha ingaggiato Carlo Ancelotti, il cui palmares vale più di qualunque presentazione. Al tecnico pluridecorato sono state affidate le chiavi del Napoli tre punto zero, ossia una squadra pronta per vincere finalmente qualcosa di importante. Non sappiamo se il tecnico di Reggiolo riuscirà nell’impresa, tuttavia è già un successo dichiarare la propria ambizione a realizzare il sogno nel cuore. Il gruppo azzurro, cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi cinque anni, meriterebbe di cucirsi sul petto il benedetto tricolore.
Riccardo Muni