Perinetti a Il Mattino: “Proprio a Genova, Ancelotti incantò Liedlholm”
Ancelotti torna oggi a Marassi, per una partita contro il Genoa. Quella dell’8 maggio 83, finita 1-1, consegnò al 23enne Carletto il primo titolo di una carriera che da calciatore come da allenatore sarebbe stata luminosa: lo scudetto con la Roma, quella che era la sua squadra dal 79. Lo svedese Liedlholm, allenatore dei giallorossi, era rimasto conquistato dal giovane centrocampista del Parma e lo segnalò al presidente Viola. «Fu una trattativa rapidissima perché Ancelotti aveva giocato già un’amichevole con l’Inter e stava per firmare il contratto a Milano», ricorda Giorgio Perinetti, il direttore sportivo del Genoa, amico del tecnico del Napoli da quarant’anni. «Io fui il primo che Carletto incontrò a Roma». Si riabbracceranno stasera.
Estate del 79, Perinetti è al primo incarico dirigenziale nel club presieduto dall’ingegnere Viola e Ancelotti arriva dalla provincia.
«Accolsi Carlo e lo accompagnai alle visite mediche. Si creò un grande feeling con tutto l’ambiente e arrivarono risultati importanti, come lo scudetto e la finale di Coppa dei Campioni, persa in casa contro il Liverpool. Per Ancelotti vi fu anche il dolore di due gravi infortuni che comunque ne rafforzarono il carattere e non ne compromisero la carriera. Li ricordo bene quei giorni dell’87».
L’anno della cessione di Ancelotti al Milan.
«Raggiunsi io l’accordo per 5 miliardi e 800 milioni di lire. L’amministratore delegato Galliani ci chiese informazioni sull’infortunio di Carlo e lo fece sottoporre ad accurate visite: venne a Roma il professore Monti, consulente del Milan, per verificare lo stato di salute del giocatore che sarebbe stato protagonista nella squadra di Sacchi».
Amici da quarant’anni, ricordi?
«Due, fuori dal campo. Una cena con mia madre nell’abitazione romana di Carlo e un’altra nella sua casa a Reggiolo. C’era suo padre, uomo straordinario. Pallone, lambrusco e salame. Cose semplici, quelle che piacciono ad Ancelotti».
Vi sareste ritrovati alla Juventus nel 1999.
«Lui aveva allenato il Parma, io ero responsabile del settore giovanile e dirigente accompagnatore della prima squadra. Fu un anno duro per Carlo, che arrivando dopo Lippi venne accolto malissimo dai tifosi della Juve».
Il coro era «Un maiale non può allenare».
«Ascoltato fin dalla prima partita a Piacenza. A metà a secondo campionato Carlo era al primo posto con un vantaggio di 9 punti: finì però con il nubifragio di Perugia e lo scudetto alla Lazio».
Sorpreso della sintonia tra Ancelotti e Napoli, dove lei ha lavorato a lungo?
«No, neanche un po’. Perché Carlo, che ha radici sane, ama le cose semplici e i rapporti sinceri che una piazza come Napoli sa offrire».
Fonte: Il Mattino