De Laurtentiis al CdS: “Koulibaly non ha clausola, mentre Insigne ce l’ha ed è mostruosa”

Lunga intervista al presidente del Napoli al CdS

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Aurelio De Laurentiis a tutto campo. Sul Napoli, che in Champions potrebbe giocare a Bari, e sul San Paolo, che per lui è diventato un incubo. Su Ancelotti, con il quale intende lavorare a lungo e vincere, e su Sarri, ignorato perché non gli interessa più fare polemica. Su CR7, la Juventus, Insigne e Koulibaly e tanto altro. Ieri il numero uno azzurro aveva voglia di parlare e, al termine del gruppo di lavoro dell’Eca “Marketing e Communications” che presiede da un anno, si è seduto su una delle poltrone di pelle dell’hotel Le Meridien. Fuori una giornata caldissima di un’estate che in Croazia vuole durare a lungo, dentro l’aria condizionata. «Prima di parlare di Napoli – ha iniziato -, mi faccia dire una cosa sul lavoro che siamo facendo qui». 

Factory della Comunicazione

Prego. «Io mi metto a disposizione degli altri 200 club per innovare, per portare la mia esperienza nel marketing, una conoscenza maturata nei 400 film che ho curato nella mia vita. A me le idee innovative vengono naturali».

E stavolta cosa ha pensato? «Abbiamo lavorato sugli Electronic Sports e su come i giovanissimi si avvicinano al mondo dello sport. Il calcio si gioca sul campo, ma ci sono anche campionati virtuali dove si iscrive una squadra e si assumono dei giocatori che si misurano alla consolle con altri team di tutto il mondo. Il tutto regolamentato dalla Fifa e da altri, con due grandi operatori del settore come EA Sports e Konami. La concorrenza nel settore dei videogiochi è forte e negli Stati Uniti gli “sparatutto” hanno un successo pazzesco tra i ragazzi dai 4 ai… 35 anni. Ci sono tornei agguerritissimi. Abbiamo discusso di queste opportunità che esistono per noi squadre europee ovvero come potenziare con i colori della propria formazione sia il tradizionale gioco del calcio sia altre tipologie di giochi elettronici. Il mercato americano, cinese, giapponese e altri del Far East sono molto appetibili».

Che soddisfazione prova ad aver portato il Napoli dal fallimento all’Eca, tra i club più importanti del Vecchio Continente? «Il Napoli certi riconoscimenti non li ha avuti solo dall’Eca, ma anche da un gruppo di studiosi olandesi: hanno verificato che in Europa siamo stati la squadra più cresciuta negli ultimi 10 anni in termini di valorizzazione complessiva del club. Vuol dire che abbiamo lavorato bene se siamo stati considerati avanti all’Inter e al Milan. Il Napoli, a parte gli anni di Maradona, mi sembra che non abbia avuto grandi risultati. E prima del mio arrivo andava talmente male da essere fallito. Noi abbiamo creato una gestione virtuosa e l’abbiamo fatta crescere sempre di più. Non mi dimentico che alla fine del primo anno di A eravamo al 525° posto del ranking Uefa e ora ci barcameniamo tra il 13° e il 17°. È stata una bella galoppata… Non abbiamo vinto degli scudetti, ma uno prima di riuscirci si deve rafforzare e fortificare. E pensare che io non ho neppure uno stadio “vero” dove giocare. Una cosa ridicola…».

Il San Paolo per lei è una ferita aperta. «Per me è un nightmare (incubo, ndr), un minus e mi toglie dei punti di upgrading a livello internazionale avere un impianto del genere. È un peccato. Per questo, dico basta: non faccio più polemiche e mi costruisco un mio stadio. Punto e basta. Non si può più andare avanti così».

Quanto tempo servirà? «Due anni. Nessuno può dirti niente se metti i soldi tuoi e hai i terreni che sono utilizzabili per costruirci un impianto. Se ci sono queste condizioni può esserci un’accelerazione fortissima».

Nel frattempo… «Nel frattempo ho chiesto all’Uefa l’autorizzazione a disputare le partite di Champions a Bari. A costo di pagare di tasca mia 1.000 pullman e di consentire ai napoletani di assistere alle gare al San Nicola. Quando sono entrato lì per la prima volta ho capito subito che è un signor stadio. È stato un po’ lasciato andare, ma rispetto al San Paolo che è stato costruito nel 1959… Lo ha disegnato un certo Renzo Piano e non è come il nostro… Certi giocatori, quando l’hanno visto per la prima volta, se ne volevano andare da Napoli…».

Al San Paolo tornerete sabato per giocare contro la Fiorentina e per dimenticare l’amarezza lasciata dal k.o. contro la Sampdoria. Se lo aspettava uno scivolone così? «Io ho sempre detto che quando cambi un allenatore, cambi tutto e quindi ci vogliono quelle 8-9 partite per assestarsi. Si deve ambiante il tecnico, deve conoscere i vari calciatori e poi c’è il diavolo sempre dietro l’angolo. Chiriches per esempio si è rotto il crociato, una vera sfortuna. Ancelotti però, da persona intelligente qual è, ha capito che Luperto era un ottimo elemento, lo ha provato in precampionato come terzino sinistro e lo ha tenuto. Siccome lui è un centrale, adesso in rosa fungerà da jolly».

Sembra calcisticamente innamorato di Ancelotti. È così? «Credo molto in lui e per questo l’ho fortemente voluto. Da parte mia non avrà mai una sollecitazione e aspetterò sereno e tranquillo qualunque cosa accada. Sono più che garantito dalla sua personalità e dalle sue capacità».

Carletto è stata la scelta giusta? «Ormai voglio stare tutta la vita con lui (sorride, ndr), gli ho dato in mano le chiavi del Napoli. A lui e a mio figlio Edoardo. Ora, dopo tanti anni, potrò quindi dedicarmi di più al cinema e alla t.v. . Nel calcio bisogna organizzare un gruppo di lavoro, programmare le cose e poi realizzarle: a maggio ho rimesso mano a Castel Volturno dove le ruspe sono entrate e hanno abbattuto tutto. Adesso il nostro centro è trasformato. Ho individuato inoltre 25 ettari dove costruirò un centro per il settore giovanile e creerò un bacino di fornitura di calciatori per il Bari e il Napoli. E poi c’è lo stadio. Questo però su altri terreni».

La Juventus lo stadio ce l’ha già e si è comprata Cristiano Ronaldo. Cosa ha portato CR7 al calcio italiano? «È stato un bel propagatore di interesse. Certo che se in Lega avessimo aspettato il suo arrivo, forse avremmo venduto i diritti per l’Italia a un prezzo migliore e avremmo fatto bingo. Ronaldo è un grandissimo campione e lo vedremo agire in maniera straordinaria in Champions. Per il momento si sta ambientando e probabilmente non si è ancora inserito nel nuovo contesto. Era abituato nel Real e ha trovato una realtà diversa. Avrà bisogno di qualche altra settimana, ma è un campione. Tutti lo aspettano».

Era davvero inarrivabile per il Napoli?  «Sì, una squadra come la nostra non poteva permetterselo».

Ha ragione Totti a dire che in Italia si gioca per i posti dal secondo al quinto? «No, no, no. Il Var è stato introdotto per rendere giustizia ai club, affinché gli errori degli arbitri siano evitati. Se però non si crea un automatismo per il suo utilizzo e se la commissione del Var non obbliga l’arbitro a visionare le immagini, ma tutto viene lasciato alla pura discrezionalità, allora si rischia di non finire mai con il gioco del pensar male».

Lo scorso anno il Var non ha funzionato a dovere e lei ha pensato male? «Non è il problema di pensar male. È chiaro però che ci sono molte cose che non quadrano. In Italia e in altre organizzazioni nei sorteggi qualcosa non quadra (riferimento al recente sorteggio Champions dell’Uefa? ndr). Io credo si debba eliminare la discrezionalità dell’arbitro. Il direttore di gara deve essere uno che verifica sul campo la liceità del gioco, aiutato da una moviola guidata da un gruppo di arbitri. Se tutto tace e non viene chiamato a verificare certi falli o certe decisioni, gatta ci cova…».

Provocazione: se il Var funzionerà bene, non è scontato che la Juventus vinca il campionato? «Non voglio dire la Juve o non la Juve… Bisogna rendere giustizia agli forzi di 7-8 club che devono veder ripagati i loro investimenti, certamente superiori a quelli delle società minori. Tutto qua».

Sia sincero: lei pensa allo scudetto? «Penso che sia molto importante aumentare la competitività del proprio club e per poterlo fare bisogna aumentare il fatturato. Come si fa? Arrivando il più lontano possibile, e magari vincendo, una delle due coppe europee. Meglio se la Champions. Il vero obiettivo è questo. Poi se uno riesce anche a conquistare lo scudetto… Lo scudetto però passa da molte più partite: in Serie A sono 38 contro le 13 della Champions. A Napoli esiste il grande sentimento della cabala. Come fai a non pensare di poter vincere lo scudetto? Devi assolutamente credere di potercela fare. Però razionalizzando il processo dico: vincere il tricolore non mi fa fatturare di più; vincere la Champions invece mi fa fatturare di più e mi consente di acquistare giocatori più importanti per il Napoli. Questo però non vuol dire che io non voglia vincere lo scudetto».

Ecco perché ha preso Ancelotti: per alzare la Champions, lui che ne ha già tre in bacheca… «Carlo ha vinto anche molti campionati e in tutta Europa. La mia buona fede è tale che ho preso un uomo buono per tutte le stagioni, per vincere scudetti, Champions ed Europa League. Poi a giocare siamo in tanti, sia in Europa che in Italia, ed è inutile fare delle previsioni rosee perché non portano niente. È meglio dire sempre che è tutto complicato e difficile. Per godere immensamente di più quando qualcosa che sa di miracoloso accade».

Quindi non le dispiace vedere la Juve già in testa e data da tutti come strafavorita? «Esatto. Io però non mollo. Se avessi voluto mollare, potevo benissimo accontentarmi di rimanere quarto o quinto: avrei speso meno soldi per gli ingaggi dei giocatori. E invece noi come monte stipendi dei calciatori e dello staff tecnico nel 2018-19 siamo a 120,3 milioni. Altro che quinti in questa classifica… Stiamo investendo e molto».

Koulibaly nel nuovo contratto ha una clausola da 200 milioni? «Guadagna una cifra blu (sorride, ndr), ma non ha nessuna clausola. Una clausola “simbolica” ce l’ha Insigne: con Raiola abbiamo stabilito che se arriva un’offerta da 200 milioni, lo vendiamo. Non è un accordo scritto, ma verbale. Duecento milioni, chiaro?».

Ha letto le dichiarazioni di Sarri al Mattino? Con lei non è stato tenero… Vuole replicare? «Assolutamente no. Ha detto cose completamente inesatte, ma non mi va di replicare sennò questa diventa una telenovela dai toni antipatici e che non interessa a nessuno. Io sono felice con Ancelotti e non ho più sentito mister Sarri dopo la bottiglia di champagne che abbiamo aperto la domenica sera dell’ultima partita. Da allora zero contatti».

Questo è il suo Napoli più forte? «Lo vedremo se è più forte o meno forte. Siamo qui per lavorare. Nel calcio non sei artefice del tuo destino perché ci sono altre 19 squadre in Italia e molte di più in Champions. Dipende anche dagli altri, ma io ho fiducia». 

La Redazione

 

 

 

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