Sebino Nela: “Ancelotti è in fase di studio, non ancora in fase decisionale”

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Giocavano a memoria, Sebino Nela e Carlo Ancelotti e mettevano in campo gli schemi provati in allenamento con Liedholm. Nela ha giocato con il neo tecnico del Napoli per sei stagioni, dal 1981 al 1987. Un grande legame. «Me lo ricordo quando mi portò le sue stampelle: mi ero rotto il ginocchio e per farmi coraggio me le regalò. Io gli dissi: Ma come? Non le avevi buttate nel Tevere? E lui mi rispose che avrei dovuto farlo io, dopo essere guarito».
Nela, difficile rialzarsi dopo una batosta del genere? «Ma no, anche la Sampdoria lo scorso anno segnò tre gol alla Juventus e non mi pare che poi Allegri non abbia rimesso le cose a posto. Nel nostro calcio ci vuole semplicemente pacatezza. È assurdo mettere in discussione il lavoro di Carlo, ci vuole tempo prima di dare dei giudizi. E poi, come gestore di uomini, mi sembra che siano in pochi bravi come lui. D’altronde, il calcio di oggi è fatto di cambiamenti: non c’è più una formazione titolare».
Non è che ha iniziato troppo presto a scrollarsi di dosso il 4-3-3? «Credo che non ci sia un tempo fisso: Carlo è uno che conosce il giocatore e l’uomo, che studia attentamente le cose e che quindi in questi due mesi napoletani avrà pesato le varie situazioni e deciso di fare i cambi nel momento che lui ha ritenuto più opportuno».
Detto questo, l’atteggiamento mentale della squadra non dipende dall’allenatore? «Non sono d’accordo. Sono i giocatori che vanno in campo, il tecnico fa delle scelte ma se poi vedi il tuo avversario correre il doppio di te non puoi prendertela con chi sta in panchina. Devi prendertela con te stesso». 
Cosa l’ha colpita del ko con la Sampdoria? «Nulla in particolare. A inizio stagione queste cose succedono. Poi tre gol il Napoli li ha presi anche con Sarri, a Firenze. E in un momento molto più delicato di questo. Non bisogna fare drammi per una prestazione negativa».
Il dito è puntato contro il cambio di modulo: non era meglio rinunciare al 4-3-3 tra un po’? «Ma su, Carlo fa bene a modificare gli schieramenti in base a quelle che sono le sue idee e le sue convinzioni. Anche la Roma di Di Francesco cambia nel corso della stessa gara ed è giusto farlo adesso».
Però non tutti i giocatori pare abbiano giovamento…«E quindi? Non si può giocare con lo stesso allenatore tutta la carriera. È fisiologico patire qualcosa nel passaggio da un tecnico all’altro, c’è bisogno di assestamento. Ma il Napoli mi sembra strutturato per poter essere competitivo in questa serie A».
L’aspetto psicologico conterà nei prossimi giorni? «Conterà tornare in campo il prima possibile e dimostrare di non essere la squadra vista a Marassi. Io quando prendevo un manrovescio tanto doloroso quanto inaspettato non vedevo l’ora di tornare a giocare».
Sarà difficile a suo avviso per Mertens metabolizzare l’idea di non essere più prima punta? «È stata una grande invenzione il belga al centro dell’attacco, non sono così convinto che Carlo rinunci ai suoi gol e alla sua facilità di vedere la porta con così tanta leggerezza. Però lui è in una fase di studio, non credo che siamo già nella fase delle decisioni. D’altronde ad Ancelotti piace ruotare e provare. È sempre stata la sua forza».
In difesa, pure Ancelotti dovrà cambiare qualcosa? «Certo, anche io sono stato impressionato dalle cose viste. Però anche qui non è solo colpa dei difensori, ma proprio della fase difensiva nel suo complesso».
Insomma, nessun dramma? «Non importa quante volte cadi, ciò che conta veramente è quante volte ti rialzi. Sono certo che Ancelotti rimetterà le cose in piedi velocemente». 

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Il Mattino

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