Come accoglieremo questa sera, ore 20.30 stadio San Paolo, la sera della prima in casa, la sera dell’atteso debutto nel campo amico dei nuovi protagonisti di nostri vecchi sogni, come accoglieremo dunque il traditore che è stato tradito, l’infame che ha subìto un’infamia, l’uomo che in bianconero abbiamo odiato almeno quanto in azzurro avevamo amato? Perché insomma, noi siamo napoletani e abbiamo il cuore grande, e siamo abituati ad essere sedotti e abbandonati, e lo sappiamo quant’è difficile ricominciare tutto dopo una porta sbattuta in faccia. E lui, Gonzalo Higuian, la porta in faccia se l’è presa proprio alla grande. Scaricato come un peso morto dal suo ultimo grande, ricco e potentissimo amore, per fare posto alla nuova star, il calciatore più forte e iconico di tutti i tempi, il pallone d’oro che sa (lui sì) come arrivare alla conquista della sospirata Champions.
Scaricato senza complimenti, praticamente svenduto e già dimenticato. Al punto da farci venire i dubbi pure a noi, vuoi vedere che abbiamo amato-odiato non un campione ma un pallone gonfiato, vuoi vedere che siamo noi napoletani che ci accontentiamo e ci esaltiamo per niente, per qualcuno che poi, all’apparir del vero, non vale tanti spasimi e tanta attenzione? Naturalmente no, non è così: la verità è che Gonzalo il Pipita, il goleador fuggiasco che la fantasia napoletana ha ribattezzato con mille nomignoli uno più irripetibile dell’altro, qui a Napoli ha vissuto stagioni straordinarie grazie all’alchimia, anch’essa irripetibile, che si era creata tra lui, l’allenatore, la squadra, i tifosi. Un giorno all’improvviso ci siamo innamorati di lui e del gioco che Sarri aveva costruito intorno a lui, fino a farlo esplodere come il capocannoniere dei record, il calciatore che nella storia del Napoli ha segnato più gol in uno stesso campionato. Quel record il Pipita se l’è messo in valigia e l’ha portato, nottetempo, alla corte dei non colorati. Dove niente è stato più come prima. Perché sì, è vero che lì si è appuntato due scudetti sul petto, mentre noi ci ubriacavamo di bel gioco senza arrivare a nessun traguardo. Ma è vero pure che ben poco di quei due titoli può dirsi legato al suo contributo. Mentre qui, in sua assenza, i vari Mertens e Insigne o Callejon, e anche Milik quando la salute gliel’ha permesso, hanno conquistato simpatie e firmato imprese, e i tifosi li hanno fatti sentire importanti, decisivi, indispensabili, quanto a lui a Torino non è capitato mai.
E allora ecco perché a noi stasera tocca un caso di coscienza. Sbeffeggiarlo, attaccarlo, ignorarlo? Certo, il Gonzalo che arriva stasera al San Paolo potrebbe non essere lo stesso arrogante, sfrontato avversario che abbiamo dovuto affrontare (e subire) nelle ultime stagioni, l’antipatico atleta mercenario e sovrappeso che ci ha fatto gol per poi gridare invettive contro il suo ex presidente, che fino a prova contraria è ancora il nostro e quindi è come avesse insultato pure noi. Ora che ha addosso una maglia colorata, sia pure dei colori del diavolo, l’uomo dai mille epiteti irripetibili per noi diventa finalmente un ex, uno come tanti, uno come tutti gli altri. Uno che può darci persino una lezione, imparata a sue spese: e cioè che non sempre la strada che attrae di più si rivela la migliore. È inutile domandarci se con lui in squadra, l’anno scorso o due anni fa, per noi le cose sarebbero andate meglio: lasciamolo a lui questo dubbio, ammesso che gliene importi qualcosa. A noi tocca dimostrargli che possiamo fare a meno di lui, una volta per tutte. Che dopo il tempo dell’amore folle e dell’odio sperticato arriva sempre quello della felice indifferenza. E allora proveremo a non prenderti in giro, traditor Gonzalo, se dal paradiso senza colori sei precipitato tra i diavoli; eviteremo di commiserarti se neanche il tuo mentore, approdato intanto sulle gloriose sponde del calcio inglese, ha inteso darti, portandoti con sè, una vera occasione di riscatto. La nostra rivincita sarà impedirti di segnare, questa sera, esattamente come abbiamo fatto ad aprile quando siamo venuti a espugnare il tuo ex Stadium: in sei incontri ci hai trafitti cinque volte, tre al San Paolo, una a Torino, in Coppa Italia addirittura con una doppietta. Basta così. Nella partita degli ex, quello che conta di più ce l’abbiamo noi. Un ex diavolo pigliatutto, come Carlo Ancelotti, saprà di sicuro come si fa a tenere a bada quello che in fondo è un povero diavolo.
Fonte: Il Mattino