Donadoni: «Ancelotti vivrà la passionalità di una città unica Ma a carte faccia vincere ADL»

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Napoli per Roberto Donadoni ha significato emozioni fortissime: da uno scudetto vinto con Carlo Ancelotti e il Milan a casa Maradona il 1° maggio 1988, al rigore sbagliato nella semifinale del Mondiale 1990 contro l’Argentina, fino all’esonero dell’ottobre 2009, quando per poco meno di sette mesi allenò il Napoli di Aurelio De Laurentiis.

Che cosa privilegia di tutti questi ricordi?

«Una città che mi è rimasta sulla pelle per il suo modo unico di vivere il calcio. Non mi è mai capitato in nessun altro posto di vivere questa intensità, questa passione. La pressione? Certo, ma quella c’è dappertutto. La maniera viscerale del napoletano di amare la propria squadra è unica».

All’amico Ancelotti che cosa consiglierebbe?

«Non ci siamo sentiti da quando ha iniziato l’avventura a Napoli. Ma uno che ha girato e vinto in tutte le più grandi piazze europee, di consigli non ha bisogno. Noi siamo cresciuti in campagna, abbiamo un’educazione simile: ci basta uno sguardo per capirci, senza troppe parole. Però credo che anche Carlo un po’ debba snaturarsi».

In che senso?

«A Napoli la gente ha bisogno del contatto fisico, di metterti in braccio un neonato per la foto. Perché tutti amano l’azzurro, anche chi non va allo stadio. Ecco, magari per carattere noi non siamo abituati a questo, ma capisci che per loro è importante e lo fai con piacere. Ma Carlo ha già capito tutto. Infatti ha fatto bene a prendere casa a Napoli, anche io nel 2009 la stavo cercando… ma De Laurentiis mi esonerò».

Allora disse: «Cacciato da chi non sa di calcio». Crede che nel frattempo ADL abbia imparato?

«Sicuramente, ma non è quello il suo forte. Ed è logico sia così per un presidente. La gestione e i risultati del club di questi anni sono stati eccellenti. Per esempio aver scelto Carlo dopo Sarri è stato un gran colpo. Ci siamo anche rivisti, parlando cordialmente. Non siamo gente che serba rancore».

Visto da fuori com’è questo campionato?

«Molto interessante e mi piacerebbe esserne protagonista. Ho tanta voglia di ricominciare. La Juventus è oggettivamente un gradino più su. Poi Inter, Milan, Napoli e Roma li vedo sullo stesso piano, senza dimenticare la Lazio».

Dunque sabato Napoli-Milan diventa già decisiva?

«No. Si capirà qualcosa sugli equilibri dopo 8-10 giornate. Piuttosto il Milan, che ha lo svantaggio di non aver giocato la prima, mi pare che si sia rinforzato parecchio con Higuain che è sempre affamato. Del resto Rino Gattuso gli equilibri li aveva trovati e gli mancava proprio il terminale offensivo».

Ancelotti ha scelto Hamsik regista: concorda?

«Marek è un grande professionista e farà bene anche lì. Certo, così si allontana dalla porta e lui i gol li ha sempre fatti».

Simone Verdi è cresciuto con lei a Bologna.

«Ed era il momento di spiccare il salto di qualità, mentale. Perché tecnicamente è già maturo. A Napoli, dove è stato giudicato tradimento la partenza di Higuain, hanno capito che a gennaio Simone doveva completare un percorso a Bologna».

Un consiglio a Carletto non vuole proprio darlo…

«Ah, uno sì. Visto che con De Laurentiis condivide la passione per il tresette: faccia vincere a carte il presidente…».

La Gazzetta dello Sport

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