Quando dall’altro lato della cornetta l’interlocutore non è proprio un tipo qualunque, ti capita di pensare di essere su scherzi a parte e si può riagganciare. Anche più di una volta. «E io, convinto che fossi vittima d’un gesto goliardico, misi tre volte giù». Buona sera, Koulibaly, sono Rafa Benitez: ma fu dura farglielo credere, parlandogli in tutte le lingue del mondo, e ce ne volle per demolire quel velo di diffidenza. «Infatti: era proprio Benitez». Il calcio di Koulibaly, ai tempi dello Genk, era ancora misteriosamente da scoprire, un’entità astratta nella quale scorgere se stesso, i propri limiti e gli inestimabili pregi: però s’intuì in fretta che si era al cospetto del K2, un gigante a tratti insuperabile e a volte da guidare. «E al primo incontro, a Castel Volturno, Benitez mi chiamò al tavolo dov’era a cenare e mi fece subito una lezione, spostando i bicchieri per spiegarmi i movimenti difensivi».
Fonte: CdS