La pioggia di Perugia ferma i bianconeri e la Lazio batte agevolmente la Reggiana. Furono lacrime di gioia e scudetto per i biancocelesti di Eriksson, furono lacrime di gioia per Pippo Pancaro. Lui oggi allena il Catanzaro in serie C ma non dimentica quella giornata di maggio.
Cosa vi passava per la testa in quelle ultime settimane del campionato? «Quando stai dietro è normale che hai un momento di sfiducia e pensi di non vincere più. E immagino sia quello che è passato anche nella testa dei giocatori del Napoli».
E poi? «Succede che vai a Torino a sei giornate dalla fine del campionato e vinci come è successo anche a noi e si capovolgono completamente gli aspetti psicologici».
In che senso? «Ricominci a crederci, riacquisti fiducia e anche le forze perché la mente comanda tutto il resto e noi in quel finale di stagione dopo Torino andammo a mille. Fu un crescendo fisico: la squadra ormai viaggiava sull’entusiasmo».
E la Juve? «Loro accusarono il colpo ed ebbero il crollo».
Trova delle similitudini tra la sua Lazio e questo Napoli? «Anche noi abbiamo vinto quell’anno al termine di un progetto che era partito molto tempo prima con Eriksson in panchina. Proprio come gli azzurri che con Sarri portano avanti il loro gioco costruito in tre anni».
E poi? «Il momento di grande euforia dei nostri tifosi».
Ovvero? «Le immagini che ho visto sabato e domenica da Napoli mi hanno fatto tornare con la mente a quello che succedeva a noi ogni settimana. Non è vero che l’entusiasmo può creare problemi, ma ti può solo trascinare. Successe anche a noi quando rientrammo dalla trasferta in casa della Juve dove avevamo vinto con gol di Simeone».
Fu quella partita della svolta? «Assolutamente sì. Da quel momento lo spogliatoio è diventato compatto: abbiamo preso consapevolezza che le avremmo vinte tutte».
E come andò? «In realtà ne pareggiammo una».
Che consigli darebbe al Napoli? «Sono convinto che le vinceranno tutte da qui alla fine. L’unico consiglio che posso dare loro è di cavalcare l’entusiasmo perché ti porta energia».
Il contributo dell’allenatore in questa cavalcata? «Eriksson si esaltò capendo che in quel momento non c’era più bisogno di motivare la squadra. Non ci disse più niente dal punto di vista motivazionale. Fece scorrere le giornate in modo sereno».
E poi è arrivata quella fatidica giornata. «Non finiva mai».
Lei come ha vissuto quel finale concitato? «Ognuno di noi l’ha fatto in modo diverso. Un mix di emozione e tensione, noi non eravamo abituati a vincere e questo rendeva tutto ancora più bello. Ho seguito il finale di Perugia con Mihajlovic, Stankovic e Conceiçao sugli schermi della bassa frequenza della Rai».
Il Mattino