Calcio femminile – Sara Gama ora vuole il mondiale
Domani le azzurre affronteranno alle ore 18,00 il Belgio
Calcio femminile – Sara Gama ora vuole il mondiale
Voi non lo sapete ma Sara ha i capelli ricci, tanti, che puntano il cielo. Che viene da chiederle, ma come li pettini? E invece non lo fai, perché sarà una vita che risponde alla stessa domanda. Voi non lo sapete, ma Sara ha le gambe sottili e corre che pare una centometrista. La chiamano Speedy, non a caso, quando solleva le sue gambe svelte che rullano e ti confondono. Corre Speedy Gama, corre.
Voi non lo sapete, ma Sara Gama domani contro il Belgio fa cento. Cento volte Italia, cento volte azzurra: verranno apposta per premiare la capitana. A Ferrara alle 18 si gioca Italia-Belgio, partita di qualificazione ai Mondiali di Francia 2019. L’Italia è in testa e si fa traino e portabandiera di un Paese orfano del Mondiale maschile di Russia. Gama nata a Trieste, madre italiana e padre congolese, figlia unica e anima da marinaia. «Il mare mi manca un sacco. Torno sempre e faccio dei giri in barca. E’ difficile staccarsi dalla propria terra. Sarei rimasta a Trieste, alla Polisportiva San Marco, se non fosse fallita. Mi sono spostata di poco, a Tavagnacco. Sette anni e poi al Brescia ho spiccato il volo. Un’estate a Los Angeles e quindi il Paris Saint Germain».
A Parigi quanto basta per assaporare la diversità di vedute e di atteggiamento. Quello che in Italia ora inizia a essere, con i grandi club che acquisiscono le squadre femminili, in Francia già era. «Al Psg ero una professionista. Ora qui va bene, la Juventus ci dà supporto tecnico e attenzione, e lavora sull’immagine. In Italia sto meglio. Giocare nel proprio Paese è una gioia. Sono rientrata a Brescia, mi ha voluto Milena (Bertolini ndr) e ho fatto bene».
Difensore, capitana e punto di riferimento, dopo gli anni di Panico e Gabbiadini, un bel testimone da raccogliere, non c’è che dire. Una responsabilità importante. «Ho iniziato a giocare a sette anni, ovviamente davanti, ma sono passata subito sulla fascia. A sedici anni ero terzino di spinta. Capitana? Non si diventa guida perché lo decidi tu, sono gli altri che ti scelgono. Dai il massimo, diventi un esempio, non esiste altro segreto. In questa Nazionale ci sono tante ragazze che sono personaggi di riferimento. Io sono in prima fila ma penso che non ci debba essere una sola persona, il modello non può essere unico: uno non racchiude tutti. Io mi metto a disposizione e se sono un punto di riferimento è perché le mie compagne e i risultati mi danno forza».
Se la Nazionale cresce, il movimento femminile ne guadagna. «Per ora c’è un’attenzione particolare perché ci sono i risultati. Serve la sostanza. Non facciamo solo calcio, portiamo avanti un intero movimento e le fatiche le condividiamo in campo».
I suoi genitori l’hanno lasciata libera di scegliere. Il nonno l’ha portata in giro per i campi. La mamma si è adeguata. Lei ora è dove la vediamo, capitana anche della Juventus, ventinove anni appena compiuti, una laurea in Lingue, nessun idolo e una vita in divenire, senza mai fermarsi. «Sapevo cosa volevo e la mia famiglia mi ha lasciato fare. Oggi i genitori caricano troppo di aspettative i figli. Io vado avanti di obiettivo in obiettivo. Non mi fisso dei limiti. Non ragiono sul lungo termine. Vedo una cosa, la desidero, ecco l’obiettivo. Idoli no, perché penso che ognuno ti dà qualcosa, ed è bene cogliere da tutti. Ho ricevuto tanti insegnamenti e da tanti ho avuto una mano. Lingue e letterature straniere è stata un po’ una scelta obbligata, perché è una facoltà senza obbligo di frequenza».
Più che timida riservata. Parla con una lentezza che è l’esatto opposto delle sue gambe svelte. «Sono un mix, come quelli che si fingono estroversi per non mostrare la timidezza». Si definisce «grande fan del divano e delle dormite». Ama viaggiare, il cinema e la musica: «Passo dall’house al regaetton. Amo anche Celetano, Mina, Cocciante. Sono vecchia dentro – ride – mi piace ciò che è bello. Quando ero a Parigi suonavo la chitarra. Mi riservo un tempo per avere più cura della musica. Intanto colleziono cd».
BARBIE GAMA. Voi non lo sapete ma è diventata anche Barbie. La Mattel infatti ha messo in commercio una bambola come lei, vestita da Juventus. Proprio la Barbie, la bellezza per definizione. La perfezione. Mentre ancora ci sono genitori che non mandano le figlie a giocare a pallone perché fa le gambe grosse. «E’ un onore e una responsabilità avere una bambola col mio nome. Io ho un buon rapporto col mio corpo, che ha i suoi difetti, ma ci convivo serenamente. Ma il calcio non deforma il corpo. E la femminilità non corrisponde più a certi canoni. Ci sono mille modi per esprimerla, contano lo spirito e l’anima. Per fortuna le cose stanno cambiando».
MODELLO. Per le ragazzine che si avviano al calcio, per i genitori che hanno bisogno di “vedere” come diventa da grande una bambina che fa la calciatrice, per un Paese che non si fida del calcio femminile, domani Gama scende in campo con la Nazionale per un altro passo verso i Mondiali e poi con la Juventus per la sfida scudetto contro il Brescia. «Ci giochiamo molto sia con la Juve sia con la Nazionale. Conta l’approccio alla partita. Dobbiamo affrontare il Belgio a viso aperto. Si è parlato tanto di questa gara e finalmente non ci resta che giocarla. Tocca a noi: vogliamo andare ai Mondiali».
E per come stanno andando queste qualificazioni l’Italia del ct Bertolini ha dimostrato che qualcosa sta davvero cambiando. «Il livello si sta alzando, ma dobbiamo portare qui le straniere ed entrare nelle scuole, offrire alle ragazzine nuovi modelli, solo così cambierà la mentalità della gente».
Voi non lo sapete, ma Speedy Gama corre veloce e parla piano. Costruisce giorno per giorno il suo futuro e quello del calcio femminile. Cercando di superare i limiti culturali del nostro Paese. «Io però adesso più che di limiti preferisco parlare di prospettive».
riproduzione riservata