L’intervista – Pandev: «Spero di vedere il Napoli festeggiare lo scudetto»

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Goran Pandev ai microfoni de Il Mattino

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«Beh, ho imparato che in Italia c’è un bel proverbio che dice: non c’è due senza tre…». Goran Pandev, macedone di Strumica, è uno che gioca con le parole esattamente come fa con il pallone. Sa cosa è la vendetta, ovvero un piatto che va gustato magari freddo. E non è certo un caso che nell’ultimo mese ha segnato a Lazio e Inter, ovvero le due squadre con cui si è tolto un bel po’ di soddisfazioni calcistiche. Domenica c’è il Napoli, con cui ha giocato per tre anni. «E che anni! Divertimento, emozioni, entusiasmo. Ho sempre immaginato come avrebbe festeggiato la città nel giorno dello scudetto e spero ancora di vederlo a maggio».
Però c’è quel proverbio… Ha il dente avvelenato con le sue ex squadre?
«Solo coincidenza, non avevo nessun sassolino da togliermi dalle scarpe anche perché per me quello che più conta è vincere e non far gol. Le mie reti a Inter e Lazio sono importanti solo perché ci hanno consentito di conquistare i tre punti».
Che gara sarà al San Paolo?
«Una partita complicata, contro la squadra che fa il migliore gioco d’Italia e probabilmente anche d’Europa. E in cui noi non potremo che affrontarli difendendo bene e provando a ripartire. Perché mica puoi affrontare il Napoli a viso aperto: ti massacrano».
Mourinho ha detto di lei: non bisognerebbe mai privarsi di uno come Pandev. Esattamente come sta facendo Ballardini?
«Quando è arrivato lui le cose sono cambiate: un nuovo modulo, tanta serenità. Ci siamo parlati e io sono riuscito finalmente a mettere da parte mesi e mesi di sfortune e di infortuni. Sono contento di quello che sto dando al Genoa».
Due italiane nei quarti di Champions: non è messo poi così male il nostro calcio?
«Nessuno credo che lo pensi per davvero. Però è evidente che non prendere parte ai mondiali è un fallimento difficile da mandare giù».
Lei con la Macedonia era nello stesso girone eliminatorio.
«La Spagna era la più forte di tutte, ma è evidente che mai avrei pensato che nella doppia-sfida la Svezia avesse la meglio. Mi sbagliavo. Ed è un peccato per tutti non avere l’Italia in Russia».
Uno come Insigne non l’avrebbe mai tenuto fuori?
«Non sono ancora un allenatore, non so neppure se lo farò. Quelli bravi come Lorenzo devono giocare sempre. Ho visto muovere i suoi primi passi nel Napoli e mi ha sempre colpito la sua determinazione e la sua voglia di voler affermarsi con la maglia della squadra della sua terra».
Si aspettava che la lotta per non retrocedere si accendesse così tanto?
«Sì, quelle dietro non mollano niente e sapevamo che prima o poi avrebbero cambiato marcia».
Ma adesso un po’ di preoccupazione l’avete anche voi?
«Siamo in una posizione tranquilla, abbiamo gli scontri diretti in casa e a Marassi non è facile venire a vincere. Lo scorso anno abbiamo sofferto e non abbiamo nessuna intenzione di arrivare all’ultima giornata per poter conquistare la permanenza in serie A».
Lei ha vissuto l’ultima età dell’oro del nostro calcio: perché la serie A è divenuta un campionato di passaggio per i campioni?
«Questione di soldi. Ci sono squadre come il City, il Psg che fanno dei contratti fuori dalla portata di tutti. Mica solo dei club italiani. I fuoriclasse vanno dove vengono pagati di più, ed è stato sempre così. Ma non mi pare che i club italiani siano messi male: Napoli, Juventus, Inter e Roma hanno nei rispettivi organici un bel po’ di talenti niente male».
Si è abbassato il livello della serie A rispetto all’anno del triplete dell’Inter?
«Forse c’è meno qualità ma il tatticismo dei tecnici italiani è straordinario».
È vero che nel 90 per cento dei casi, vince chi prende meno gol?
«Sì, è proprio così. Con l’Inter eravamo bravissimi in difesa e per farci gol dovevano tutti fare una grande fatica. Se prendi pochi gol, alla fine porti i titoli a casa. È un concetto elementare».
Hamsik e Maggio sono i pochi rimasti della sua esperienza napoletana: cosa gli dirà?
«Che non devono smettere di credere nello scudetto perché quello che ha fatto il Napoli fino ad adesso è qualcosa di straordinario e che non devono smettere di credere allo scudetto. E lo devono afre fino alla fine. Perché nonostante quello che sta facendo la Juve, il Napoli merita di vincere il titolo».
Si aspettava che Hamsik sarebbe rimasto qui a vitaParlando con lui vedevo la convinzione della sua scelta. Si parlava tanto di club pronti a fare follie per portarlo via, ma a Marek l’idea non è mai piaciuta. Lui si diverte a Napoli, sta bene, la gente lo ama. Perché andare via, gli è sempre piaciuto. Perché dovrebbe andar via?».
La Juve ora a 4 punti in più: è finita?
«Non credo proprio. Mancano dieci giornate e il Napoli non deve mollare: forse la Juve ha meno pressione ma il cammino è ancora lungo e lo scontro diretto potrebbe a questo punto essere davvero decisivo».
Dove inserisce Sarri tra gli allenatore del momento?
«Tra i più straordinari. Il Napoli gioca il miglior calcio d’Europa: si stanno anche divertendo, da tanti anni non si vedeva un calcio così bello, dove tutti giocano a memoria, palla a terra. È bello da vederlo. Magari un po’ meno per noi avversari…».
Ci si ricorda solo di chi vince?
«Certo. C’è poco da fare. Ma spero che Sarri riporti lo scudetto a Napoli, magari anche quest’anno».
Per vincere lei fece anche il terzino con Mou?
«Per vincere si fa tutto. Ma lo sanno anche i giocatori del Napoli. Infatti non è un caso che li vedo mica solo attaccare…».
Pandev, il Var le piace?
«Rispettiamo la decisione. Però è chiaro che è brutto festeggiare un gol e poi dopo qualche minuto vedertelo annullare come ci è capitato domenica scorsa col Milan. Però è uno strumento che dà una mano».
Con Roma e Inter, che Napoli ha visto?
«Tutto tranne che in difficoltà». Ha fatto la partita con la Roma dove ha avuto tanta sfortuna perché i giallorossi hanno tirato 4 volte in porta e hanno fatto 4 gol in contropiede. Il Napoli sta bene fisicamente e anche nelle ultime due gare ha fatto il suo gioco tradizionale».

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