Quelli dell’Empoli sono numeri da far girare la testa. Attacco record per la B a 22 squadre: 58 gol. Due attaccanti che con 35 reti hanno segnato da soli più di altre 14 squadre. Serie positiva di 16 partite, con 6 vittorie di fila che hanno portato al primo posto. Ma il presidente Fabrizio Corsi, in carica dal 1991, è troppo esperto per esaltarsi.
Le piace questo Empoli?
«Ovviamente sì, interpretiamo un calcio che ci ha dato soddisfazione in passato, con margini per migliorarlo. Ma sono solo due mesi che lo facciamo, e la cosa mi preoccupa».
In particolare cosa teme?
«Il clima di euforia. Bisogna essere equilibrati e stare chiusi nel quotidiano, pensando sempre e solo alla prossima gara».
Fosse stato a metà classifica il clima sarebbe stato diverso…
«Quando le cose vanno male bisogna pensare positivo. Serve equilibrio, e bisogna essere pronti ai cambiamenti».
E’ il suo Empoli più bello?
«E’ bello solo il momento. Anche con Sarri si è visto bel calcio, in B e poi in A, o con Giampaolo: questa idea di gioco ci ha regalato tante gioie».
Ci vuole coraggio a esonerare un tecnico come Vivarini dopo un 1-1 a Cremona, con il quinto posto e il miglior attacco…
«Ci sembrava che la squadra avesse maggiori potenzialità: con quel modo di giocare non le esprimeva, qualche giocatore era penalizzato e la difesa non convinceva».
Perchè la scelta di Andreazzoli, che mai aveva allenato in B?
«Ho parlato un’oretta con lui di calcio, con il d.g. Butti e il d.s. Accardi ci siamo convinti che era l’uomo giusto per noi».
Ma perché ha pensato a lui?
«Una soffiata mi è arrivata, non dico da chi».
Da Spalletti?
«Può essere…».
Adesso la difesa è più solida e l’attacco segna ancora di più.
«In B lo scenario cambia spesso, mancano 16 partite. Giochiamo palla a terra, con ricerca del fraseggio e del possesso palla. Con i campi più belli sarà meglio, ma troveremo anche avversari più motivati».
Andreazzoli come Sarri?
«Alcuni concetti li avvicinano, come il calcio verticale. Altri sono differenti: Andreazzoli è sportivo e va in bicicletta, Sarri fuma troppo, glielo dirò».
Lei è stato decisivo per la carriera Sarri: lo scelse nel dimenticatoio della C e poi lo salvò dall’esonero dopo un avvio flop.
«Fu un’idea dell’allora d.s. Carli. In A gli abbiamo anche rinnovato il contratto dopo tre sconfitte. Ora è ambito a livello europeo, una soddisfazione».
A chi avvicina Andreazzoli?
«A Sarri, a Spalletti e… a Luis Enrique: non l’ho avuto ma viene da una scuola importante come quella spagnola».
Sarri aveva Saponara o Verdi alle spalle di Tavano e Maccarone. Andreazzoli ha Zajc, o Krunic, o Ninkovic alle spalle di Caputo e Donnarumma.
«Verdi ci ha dato una grossa mano, ma si è completato dopo e ora è da grandissimo club. I ragazzi di oggi stanno facendo un percorso simile, spero che si completino qui».
Caputo, 20 gol, chi le ricorda?
«Dico Eder, fece 27 gol qui e poi è arrivato in Nazionale e all’Inter: spero che Caputo lo batta, da anni non avevamo uno così e può far bene anche in A».
Certo che scendendo dalla A con quel paracadute si possono permettere colpi del genere…
«Sì ma abbiamo anche venduto molto bene, è stata una tragedia sportiva ma abbiamo potuto fare piazza pulita e monetizzare per poterci permettere un giocatore così. L’unico che non abbiamo venduto è il più forte: Krunic può stare serenamente in A, il mercato è strano».
Il ritorno in B brucia ancora?
«Abbiamo colto l’aspetto positivo: azzeriamo e ripartiamo con idee e gente nuova. Ci siamo riusciti e ridato energia anche a un vecchietto come me».
Perché per le provinciali è sempre più difficile restare in A?
«Parlo per noi: qui si guadagna poco, certi giocatori in A non li puoi trattenere e devi sempre ripartire da zero costruendone di nuovi, e in Serie A se sbagli a farlo retrocedi».
Dal 1991 è un altro calcio?
«La nostra realtà è un po’ particolare, l’energia del nostro spogliatoio è determinante, c’è un forte legame affettivo. Negli anni è aumentato il tasso di professionalità, con atleti molto più preparati e meno mele marce. Bisogna quasi trasmettere loro un po’ di “ignoranza”, una volta era il contrario».
Prima suo padre, ora lei, domani sua figlia Rebecca. C’è una dinastia Corsi nell’Empoli?
«Mio padre è stato più volte nel cda, poi lasciò il posto a me. Fare il presidente è una cosa pesante, a mia figlia non lo auguro: mi piace però che partecipi e ci aiuti con il marketing».
L’Empoli per molti è un modello da copiare. Perché?
«Per tradizione valorizziamo i giovani, li cresciamo in un centro sportivo funzionale. Tanti altri club dovrebbero fare così, e soprattutto si dovrebbe trovare più spazio per gli italiani».
Fonte: GdS