Koulibaly alla Gazzetta: “Il dominio bianconero può essere spezzato. Lo scudetto si vince anche con lo spettacolo”

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Ha un cuore grande così, Kalidou Koulibaly. Attualmente, Koulibaly è tra i difensori più forti della Serie A, se non il più forte. Il suo rendimento è eccellente, così come è altrettanto ammirevole il suo impegno nel sociale.

Che momento è questo della sua carriera?

«Dei migliori, sicuramente. Ad oggi, sono cresciuto tanto. Quando sono arrivato in Italia ho avuto bisogno di un anno di ambientamento, che non è stato semplice. Poi mi sono detto che me la sarei dovuta meritare questa grande squadra e ho cominciato a lavorare intensamente. Adesso, sto capitalizzando gli sforzi e i miei sacrifici. Di certo, non mi fermerò qui».

Lo sa, di lei si dice che sia il nuovo Thuram: condivide l’accostamento?

«Mi fa molto piacere questo paragone, lui è stato un grande e ha fatto benissimo in Italia, la sua carriera non è da tutti. Io qualche problema l’ho avuto, con Benitez sono persino finito in panchina e quel momento è stato molto importante, perché ho lavorato tanto su me stesso e guardando da fuori ho compreso molte cose, anche sul piano tattico. Mi sono imposto di far vedere che non si erano sbagliati a prendermi, che sarei potuto diventare uno dei difensori più forti del campionato italiano».

Una scommessa vinta, la sua. Ma quanto ha influito l’avvento di Sarri in panchina in questa sua metamorfosi?

«Direi parecchio, appena è arrivato mi ha detto: “Ascoltami e diventerai un campione”. È stato importante, perché mi ha dato fiducia in un momento in cui le cose non andavano tanto bene. Ricordate l’inizio del suo primo anno? Ci fu la partita di Europa League contro il Bruges che rappresentò la svolta sia per me che per la squadra. Direi che quello è stato il momento chiave della mia carriera».

Può un difensore, secondo lei, spostare gli equilibri di una squadra? Si è detto questo quando Bonucci si è trasferito al Milan.

«Dipende. Nel caso del Napoli non credo, perché il vero top player qui è la squadra. Adesso vinciamo anche quando manca qualche titolare, questa è la nostra forza».

Se domani Aurelio De Laurentiis si presentasse con un contratto a vita, lei lo firmerebbe?

«Per la mia famiglia e per i tifosi, se il contratto fosse buono non avrei problemi a firmare, a restare per sempre. Qui sto benissimo, città e squadra mi danno tutto, io voglio restituire qualcosa ai napoletani, voglio dare loro lo scudetto».

Un messaggio alla Juventus, il suo?

«Si convincano, quest’anno vogliamo arrivare fino in fondo. Noi faremo di tutto per tenerla dietro, la Juventus, ma Roma e Inter non sono ancora fuori dal discorso scudetto. Il mio intento e quello dei miei compagni, è di mettere fine all’egemonia bianconera. Il primato in classifica ce lo stiamo meritando tutto, stiamo dimostrando che si può vincere anche giocando un calcio spettacolare».

Nessuno ne parla, ma c’è anche un’Europa League su cui puntare. Lei la sfiorò con Benitez, perdendo in semifinale con il Dnipro. C’è il pericolo che il campionato prenda il sopravvento anche su questa manifestazione dopo l’eliminazione dalla Champions League e dalla Coppa Italia?

«No, io vorrei vincerla l’Europa League: la contenderemo ad altre grandi squadre, sarebbe un trofeo molto importante per il Napoli. Abbiamo tanta voglia di vincere e due obiettivi da centrare: dobbiamo farlo, per la città e per noi stessi».

Dica la verità, cosa ha pensato dopo il gol subìto da Higuain nello scontro diretto, al San Paolo?

«Che m’è mancato appena un centimetro per togliergli il pallone, sono arrivato un soffio dopo che lui aveva calciato in porta. Contro di noi la Juventus gioca così, segna un gol e poi si mette tutta dietro a difenderlo. Sono partite di grande livello, ma per un dettaglio si possono perdere. Comunque il Pipita è un fuoriclasse, è stato un piacere giocare con lui. Tra l’altro, essendo stato tre anni a Napoli, conosce tutti i nostri meccanismi e, dunque, riesce sempre a sorprenderci».

A parte Higuain, chi è l’attaccante in Serie A più difficile da marcare?

«Direi Icardi e Dzeko, ma quello che mi dà più fastidio è Kalinic, che gioca sempre sul filo del fuorigioco. Di certo, non affronterei quelli del Napoli: Callejon, Mertens e Insigne, sono autentici campioni».

A proposito di attaccanti e di gol, lei è già a quota 4 reti in campionato: il suo massimo, finora. Potrebbe diventare una costante, che ne pensa?

«Io preferisco non prenderle e vincere uno a zero con un gol di un compagno qualsiasi».

Domenica ritorna il campionato, difenderete il primato a Bergamo, una partita niente male, con un coefficiente di difficoltà molto alto: timori?

«Sono convinto che la vera anti-Napoli sia proprio l’Atalanta. Ogni qualvolta l’affrontiamo, soffriamo il loro modo di giocare. Per noi sarà una bella prova di maturità, se vinciamo lì sarebbe molto significativo».

Ci racconti un po’ la sua Napoli: le piace vivere qui?

«Mia moglie e mio figlio sono felici e io con loro. Mi ritrovo spesso con Ghoulam, Jorginho e Mertens. In genere vado in giro, in questo giorni ho visitato i Quartieri Spagnoli e la Sanità, due zone di Napoli particolari. L’affetto della gente è incredibile e io sono sempre pronto a ricambiarlo».

Il razzismo: un argomento a lei molto caro. Insieme a Nicola Lombardo, il responsabile della comunicazione, è intervenuto all’incontro organizzato dal preside del liceo Agnesi di Milano, Giuseppe Vincolo, peraltro tifoso del Napoli, confrontandosi con gli studenti: possibile che nel 2018 ci siano ancora problemi del genere?

«L’Italia ha questa immagine razzista da quando io ero piccolo, ma qualche passo avanti è stato fatto. Ci sono ancora degli stupidi che fanno pensare che il calcio e in generale il Paese siano così. Ma, in realtà, a Napoli di tutto questo non avverto nulla. In giro per l’Italia sento i soliti cori discriminatori, ma si tratta sempre di una piccola frangia di scalmanati, che andrebbe ignorata. Personalmente, sono stato preso di mira soltanto da pochi tifosi laziali in un Lazio-Napoli di un paio di anni fa. Dopo la rabbia di quei momenti mi sono rasserenato, non ne ho più sentiti».

Lei la soffre questa condizione sociale?

«Ma no, l’Italia è un bel Paese e io qui sto bene: ho mandato mio figlio alla scuola italiana perché deve conoscere la cultura italiana. L’insieme delle culture può essere la soluzione».

Napoli città multietnica, dunque, ma vittima della delinquenza comune. Nell’ultimo periodo si parla di Napoli solo per le baby gang e per gli atti criminali che commettono: che cosa può scatenare tanta delinquenza negli adolescenti?

«Sono a Napoli da tre anni e mezzo, non conosco bene le dinamiche della città. Forse, le difficoltà economiche e la prospettiva di non avere un futuro possono spingere i più deboli a lasciarsi andare. È una mia idea perché, ripeto, non sono molto addentro nel sociale. Mi auguro che si ravvedano. Io sono cresciuto in un quartiere difficile, dovevi soffrire per avere qualcosa. Ringrazio mio padre per quello che ha fatto per me, ho trovato nello studio la soluzione ai problemi. Se non avessi fatto il calciatore sarei stato un assicuratore».

Per concludere, lei giocherà il Mondiale di Russia con il Senegal: crede che la Francia si sia pentita di non aver creduto in lei?

«Credo di sì. La scelta della nazionale è stato un momento importante, l’ho fatto con l’aiuto dei miei genitori e ho sentito forte il peso delle miei radici. Lì tutti mi conoscono, oggi sono molto felice di questa scelta. Abbiamo reso un sogno realtà e saremo orgogliosi di rappresentare il Senegal, faremo un grande Mondiale».

Fonte: Gazzetta

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