Lo stesso infortunio, ma all’altro ginocchio. Pier Paolo Mariani ha trascorso la sua vita in sala operatoria e una storia come quella di Arkadiusz Milik la inseriesce nell’elenco degli sfortunati.
Professore, è soltanto la sorte che si è accanita contro Milik? «In casi del genere, potremmo stare qui a parlare per giorni ed anche settimane e non troveremmo, mi creda, convergenza di opinione o una conclusione del confronto».
Due interventi non sono mai simili. «Però l’operazione non ha comportato alcun tipo di problema tecnico in corsa».
Come è andata? «Bene. Il ginocchio, rispetto all’altro, quello infortunatosi nell’autunno scorso, stavolta si è fatto più male da solo. Abbiamo riscontrato una lesione più complessa e l’interessamento di più strutture, tutte chiaramente riparate».
E’ sbagliato supporre, o anche sospettare, che ci sia una tendenza fisica a rompersi? «Non c’è nessuna predisposizione in questo caso. E per quanto riguarda Milik, il fattore dominante, direi decisivo, in questa vicenda, riguarda la sua professione: lui di mestiere fa il calciatore. Dunque….».
L’ha rivisto a distanza di pochissimo tempo. «La sua reazione, in questo momento, è quella tipica di chi si sente crollare il mondo addosso. E va compreso. Gli è successo in due fasi ravvicinate e dunque non può che essere demoralizzato. Ma passerà, con pazienza passerà».
Quattro mesi, la riabilitazione, il solito percorso ma anche un pizzico di preoccupazione in più, proprio perché si tratta del secondo episodio. «Le mie esperienze, a proposito di atleti che hanno subito incidenti del genere e tanto ravvicinati, sono molteplici. E sono positive».