Il papà Antonio lo chiama “palo della morte” e al piccolo Ciro, quando era bambino, raccomandava di appostarsi sul secondo palo, in posizione defilata. Immobile, ribattezzato San Ciro dopo l’ultima prodezza azzurra, ci ha preso gusto. Era mimetizzato sul cross di Candreva come al Bentegodi, prima della sosta, quando ha incornato e si è fatto trovare pronto sull’angolo di Luis Alberto. Dalla Lazio alla nazionale, ora punta il Milan nel primo vero esame in chiave Champions. L’attacco della Lazio, oggi è tutto sulle spalle di Ciro, l’attaccante più prolifico sotto la gestione azzurra del ct Ventura, suo maestro al Torino. La Lazio se lo gode, è uno dei suoi tre capitani, sempre più dentro al progetto. Ad inizio giugno il Milan avviò la trattativa per Biglia e Keita. Fassone lo voleva o lo avrebbe voluto in rossonero, trattativa mai nata, un semplice sondaggio. Un muro Lotito. Disse a Fassone e Mirabelli che neppure avrebbe voluto ascoltare una possibile offerta. Era pronto a discutere di Keita, non certo di Immobile. Immobile è un punto fermo del progetto biancoceleste, alla Lazio ha trovato stabilità e continuità di rendimento come non aveva avuto con Borussia Dortmund. Per la prima volta, dall’epoca del settore giovanile della Juve, giocherà per il secondo anno di fila con la stessa squadra. Un’opportunità mai avuta in carriera e che Inzaghi proverà a trasformare nel valore aggiunto della Lazio.