Corr. Sera – Sconcerti: “Non perdiamo il numero 10, dà il senso della circolarità della storia”

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È strano vedere le prime tre squadre dell’ultimo campionato italiano senza la maglia numero 10 (Juventus, Roma, Napoli). È un problema a cui si può resistere, lo capisco, ma è comunque una soluzione sbagliata. Non si cancellano i numeri per salvare un ricordo, è una contraddizione in termini, un piccolo atto illiberale. Cioè gente che nel presente decide anche per il futuro e solo su propri principi. L’idea credo sia nata nel basket americano e mi sembra tipica di chi non ha avuto storia. Se non hai precedenti devi trovare un ricordo unico, estremo. Quindi si elimina. Gli europei, che hanno sempre avuto una visione circolare della storia, cioè tutto torna, hanno sempre preferito la ripetizione, poter ribadire un ruolo, un concetto. Avere un altro Maradona, trovare un nuovo Baggio, nella certezza che il talento è come i dittatori, si ripresenta. Ci siamo americanizzati di recente, direi quasi come effetto social. Le fini di epoche andavano segnate con qualche artifizio, lo pretendeva il popolo per qualificare se stesso attraverso il giocatore che aveva visto. Si è però commesso un errore di valutazione. Il dieci nel calcio non è un numero, è un ruolo. Si può giocare senza l’8, il 22 o il 35, ma non senza un numero dieci. È il suo gioco che qualifica il numero, non viceversa. Va così da talmente tanti anni che vale la pena chiedersi come sia cominciata, perché la diversità del dieci. Perché era il numero di maglia di Pelé nel ’58, quando il Brasile vinse i Mondiali in Svezia. Pelé aveva meno di 18 anni ed era la riserva di Altafini, altro ragazzo. Giocava come i cartoni animati giapponesi: palla a lui, dieci dribbling, poi il gol. Mai visto tanto calcio insieme. Furono i primi Mondiali in televisione. Pelé diventò il divertimento di tutti i continenti. L’altro numero dieci è stato Maradona. Non cadete nella tentazione di confrontarli, non è corretto. Pelé e Maradona sono stati giocatori diversi. Pelé era uno straordinario attaccante, ha segnato molto più di Maradona. L’altro inventava e decideva. Maradona aveva più calcio puro addosso, Pelé aveva tutti i modi per trovare il gol. L’Italia è diventata la vera patria dei numeri dieci quasi per sintesi geopolitica. Eravamo poveri, non avevamo distese d’erba come gli inglesi su cui diventare atleti. Gli spazi brevi delle strade e degli oratori ci hanno insegnato il gioco stretto. O saltavi l’avversario o il campo era finito. È stato questo il nostro miracolo. Ed evidentemente dura ancora.

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