INCREDIBILE – Gli stadi del futuro? In legno. Tantissimi i vantaggi

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La prima sensazione, dopo esserti inoltrato nel loro mondo di legno, è che i signori Rubner Hobzau, Bear Stadiums e New Concept Stadiums abbiano scoperto l’uovo di Colombo. Ricordate? Nel 1493, di ritorno dalla sua storica spedizione, Colombo fu invitato a una cena data in suo onore dal cardinale Mendoza. Alcuni commensali sostenevano che la scoperta della via di Occidente per le Indie sarebbe riuscita a chiunque avesse avuto i mezzi messi a disposizione del navigatore genovese. Che sfidò i suoi interlocutori a far stare un uovo dritto sul tavolo. Non ci riuscirono. Colombo, invece, picchiò leggermente l’uovo contro lo spigolo del tavolo e l’uovo rimase dritto. Gli altri protestarono: potevamo farlo anche noi. Cristoforo sbottò: «Io l’ho fatto, voi no». Geniale, no? Come gli stadi di legno che, nei casi dei progetti di piccola-media capienza possono essere la soluzione del problema dell’impiantistica sportiva assillante in questo meraviglioso Paese.
ECOSOSTENIBILI. Daniele entra in redazione quasi in punta di piedi. Questa è stata la casa di suo padre e l’emozione del figlio si fa comprensibilmente malcelata quando legge l’attacco del fondo firmato Giorgio Tosatti e pubblicato sulla mitica prima pagina del 12 luglio 1982 («Grazie a loro oggi è bello essere italiani»). Daniele ha scelto un’altra strada, rispetto al giornalismo. Dopo gli studi alla Luiss, ha imboccato la via del marketing sportivo e della comunicazione. In questa veste si presenta per raccontare l’avventura degli stadi di legno. «Sono ecosostenibili, sicuri, tecnologicamente avanzati e si realizzano in tempi molto più brevi rispetto agli stadi tradizionali. Noi li chiamiamo i green, gli stadi del futuro». Dove “noi” riassume la squadra dei costruttori degli impianti modulari, a capienza variabile, da 1.500 a 20 mila posti, dalla Lega Pro alla serie A, naturalmente per i club che non progettano catini giganteschi con il rischio di ritrovarsi cattedrali nel deserto. A Torino, per esempio, il Delle Alpi che Gianni Agnelli chiamava icasticamente «il frigorifero» è stato addirittura abbattuto e la Juve ha dovuto aspettare il 2011 per inaugurare lo Stadium. A Bari, l’architettonica, splendida astronave del San Nicola mette malinconia, se pensi a ciò che doveva essere e non è stata. Ma queste sono altre storie.
Daniele riprende: «I nostri impianti sono realizzati in legno lamellare, a basso impianto ambientale. Confortevoli, dotati di spalti vicini al terreno di gioco, con sedili ergonomici e curve di visibilità praticamente perfette».

Factory della Comunicazione

CHIAVI IN MANO. Il rispetto dell’ambiente è il tasto su cui Tosatti batte e ribatte, consapevole che, sul mercato mondiale, l’ottanta per cento della richiesta di infrastrutture sportive prevede capienze oscillanti fra i 5 mila e i 20 mila posti e che la sensibilità ecologica abbia attecchito ai quattro angoli del globo. Soprattutto dove l’ambiente è messo a repentaglio dall’incapacità dell’uomo di proteggerlo. «La Rubner Holzbau e la Bear Stadiums hanno sviuppato il progetto Green per una consegna chiavi in mano, realizzabile grazie agli accordi sottoscritti con un pool di aziende italiane leader nei rispettivi settori: miniturbine eoliche, integrate a pannelli fotovoltaici sul tetto dello stadio per abbattere i costi di gestione; torri faro e proiettori di alta efficienza e a basso consumo energetico; sedili ergonomici a ribaltina per tutte le tribune; sedili imbottiti per la tribuna principale; resine naturali per il trattamento delle superfici interne; sottofondo drenante per il terreno di gioco; impermeabilizzazione dei gradoni con materiali di alta tecnologia per abbattere i costi di manutenzione e rendere totalmente stagne le tribune. E ancora: prato sintetico o ibrido per garantire le condizioni migliori».

PIACE A INFANTINO. Gli stadi di legno piacciono molto alla Fifa di Gianni Infantino e, in particolare alla Concacaf (Confederation of North and Central America and Caribbean Association Football», la Confederazione calcistica del Nord, Centro America e Caraibi). Argomenta Tosatti: «Il legno è isolante, resiste al caldo. Le Isole Vergini Britanniche, Antigua e Barbuda sono state fra le prime a lanciarsi nella progettazione degli stadi di legno». Dal settembre 2015, la Fifa aderisce alla Climate Neutral Now initiative, più che mai d’attualità alla luce anche delle aperture che Trump ha fatto con Macron, in occasione della visita che il presidente americano ha fatto recentemente in Francia. Nel dicembre 2015, l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico ha posto le basi per un futuro a basse emissioni di carbonio. Per raggiungere l’obiettivo – raccomanda l’Onu – le aziende, i governi e gli individui devono lavorare insieme verso la neutralità del clima, allo scopo di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei due gradi. Ricorda Claudio Rustioni, amministratore delegato di Rubner Holzbau: «Scegliere un modello costruttivo in Glulam (legno lamellare), piuttosto che cemento armato o metallo, equivale a ridurre fortemente le emissioni di gas a effetto serra, il consumo energetico in modo drastico, e consente, grazie alla leggerezza delle strutture, di minimizzare l’impatto paesaggistico. I presidenti di numerose società, dai Caraibi alla Cina, passando per il Canada, il Qatar e il Messico hanno manifestato un interesse che ci lusinga».

I COSTI ACCESSIBILI. L’interesse cresce anche fra i club italiani, soprattutto i medio-piccoli che non possono e non vogliono svenarsi per costruire il proprio stadio, anche se ne hanno un gran bisogno. Annota Tosatti: «Prima di tutto, è una questione di costi e, sotto questo aspetto, gli stadi di legno sono assolutamente concorrenziali. Per un impianto di media capienza si parla di 1.500 euro/posto (2.000 euro/posto nei formati più piccoli) rispetto ai 2.500/3 mila euro a posto degli stadi tradizionali. La struttura con una tribuna minima da 1.500 posti è stata concepita per la Lega Pro e prevede i servizi necessari: gli spogliatoi per le squadre e per l’arbitro, la vetrata sul terreno di gioco con il bar, il ristorante e l’accesso agli spalti privo di barriere architettoniche». I 1.500 posti sono il limite di capienza minimo inderogabile fissato dalla Lega Pro. Ma per i club che puntano impianti più grandi? «La risposta è la modularità: si sale a 3mila posti, a 4.500, a 5.500 posti (limite minimo per la serie B), a 7mila e poi 8.500, 10mila, 12.500, 14mila, 16mila (limite di capienza minimo per la serie A) sino a 20mila».

I COSTI DEI GIGANTI. Viene spontaneo pensare a Gulliver e ai lillipuziani, raffrontando gli stadi di legno al gigantismo della Zenit Arena, lo stadio dello Zenit San Pietroburgo, costo complessivo 902 milioni di euro, capienza poco più di 66 mila posti. O allo stadio Nazionale di Varsavia, costo totale 485 milioni di euro, capienza 60 mila posti. Poi c’è l’Emirates dell’Arsenal, costo complessivo 424 milioni di euro, 60.260 posti, tutti a sedere. L’Allianz Arena di Monaco di Baviera, invece, è costata 341 milioni di euro. Certo, è vero, questo è tutto un altro mondo. Ma è bello sapere ce ne sia un altro di legno che sta crescendo e che, là dove c’era l’erba, continui a crescere l’erba.

Fonte: CdS

 

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