La lettera di Mimmo Carratelli all’argentino: “Caro Gonzalo, noi stiamo bene e così speriamo di te…”
Così scrive Mimmo Carratelli
“Caro Gonzalo, noi stiamo bene e così speriamo di te. Non ti chiamiamo più Pipita perché sai come succede a Napoli, qui sono tutti bravi a fare battute, ironie, doppi sensi e non vorremmo che si celiasse ancora sul tuo passaggio alla Juventus, insomma mi scappa la Pipita. Ormai la Pipita è scappata. Com’è andata a Cardiff? Qui molti dicono che tu non c’eri. Accidenti, come si fa a non vedere 90 milioni di euro al Millenium Stadium? Hai subito scagliato un tiro che il costaricano Keylor Navas ha trattenuto a stento e poi l’assist per il gol di Mandzukic, quella tua gamba avventurosamente alzata a toccare il pallone per il pennellone croato. Hai fatto il tuo, di che cosa si lamentano?
Ti hanno dato 4 in pagella gli stessi che ti avevano issato fra i primi tre centravanti al mondo. Non ti capiscono. Che cosa vuoi che sia successo a Cardiff? Niente.
Il giornale di Torino pubblica in prima pagina gli incidenti in piazza San Carlo e confina in un occhiello piccolo-piccolo il 4-1 del Real. Il quotidiano sportivo sabaudo propone nella sua prima pagina le tre Coppe Italia e i sei scudetti vinti consecutivamente dalla Juventus ignorando giustamente la caduta in Galles. La Juve è questa titola il giornale. Seguono tre puntini sospensivi. Sarebbe stato più opportuno metterne quattro. Dopo intere paginate sulla inevitabile conclusione della finale di Champions, cioè l’inevitabile vittoria della Juve più squadra, più affamata, più determinata e più valida tatticamente, la rosea geme Maledizione!. Giusto.
D’altra parte, non è successo proprio niente. Si è passati, nella real casa, da The time is now, lo slogan del tempo è questo, il momento è ora, a Cardiff, griffato sul social bianconero prima della trasferta in Galles, e Voi gufi, noi Cardiff titolava perentorio alla vigilia un giornale sportivo, a It’s time to be proud che non vuol dire che ora è un tempo che prude, vuol dire è un tempo d’essere orgogliosi (nella lingua della bieca Albione, proud significa orgoglioso, arrogante, presuntuoso), come ha fermamente proclamato Andrea Agnelli, il presidente, già sicuro, sicurissimo della finale Champions dell’anno prossimo, tanto da invitare, davanti a telecamere spalancate sul suo volto un po’ british, molto spleen, i feriti e i malconci di piazza San Carlo a Kiev, dove la Juve nel 2018 giocherà senza dubbio e inevitabilmente. Dopo le lacrime di lady Ilaria al Millenium, il volto nascosto dalla gramaglia dei lunghi capelli neri, Buffon ha opportunamente chiosato sulla finale in Galles: «Non ne gira mai una giusta». Maledizione.
Caro Gonzalo, a Cardiff non poteva andare diversamente se è vero che il tuo portierone, prima di entrare in campo, vi ha esortato: «Giochiamo contro la Fiorentina», declassando furbescamente il Real in maglia viola, ma dimenticando che a Firenze la Juventus aveva perso. Maledizione, maledizione.
E, ora, caro Gonzalo, tirano fuori la tua oziosa etichetta di splendido perdente, i gol falliti con l’Argentina contro la Germania e due volte contro il Cile, fra la finale mondiale perduta nel 2014 dall’albiceleste e le due finali di Coppa America, dopo che, maledizione, ti eri trovato davanti a Neuer e due volte davanti a Bravo per lasciare il segno e, invece, buttavi fuori la palla della vittoria. Basta con queste storie perverse.
Ha detto malauguratamente Allegri, prima del tonfo, che la Juventus per puntare alla conquista della Champions s’era allenata nel campionato italiano, fra squadre che si scansano (secondo Buffon) e pochi avversari dispettosi, dimenticando l’avvertimento di Capello quando disse che il campionato italiano è poco allenante. Maledizione.
Caro Gonzalo, il fatto è che, a Cardiff, Isco (un andaluso così poco joya) correva dieci volte più di Dybala, Khedira era un paracarri travolto dal connazionale Kroos, Pjanic va sano ma non va lontano, Mandzukic era spremuto dalla trovata tattica di Allegri, a Dani Alves s’è spenta la luce e la famosa BBC, la difesa più forte del mondo, s’è ridotta a una emittente di provincia. No, non è la BBC avrebbero cantato Arbore e Boncompagni a Cardiff.
Pensa alla salute, Gonzalo, anche se il Real ti ha sottratto una Ferrari, il premio per la vittoria in Galles, come aveva spifferato Dani Alves, più 500mila euro. Soldi risparmiati ora che anche la Juve si lamenta che nel calcio vincono i più ricchi, ritrovandosi povera e malvestita al tavolo della Champions dove il Real presenta il suo budget tre volte superiore. Quando se ne lamentava Sarri, a Torino ridevano.
Caro Gonzalo, su con la vita. Se capiti da queste parti, andremo a farci un tuffo a Capri”.
Mimmo Carratelli su Il Mattino