N. Berti: «Pianti e linguacce, com’erano cattivi i derby ai miei tempi»

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L a vita di Nicola Berti non è mai stata convenzionale. Difficile cambiarla oggi che compie 50 anni. Risata robusta e sincera mentre attraversa la sala dei trofei della sede interista di corso Vittorio Emanuele. Ricordi, aneddoti e speranze con foto e biglietti. Prima immagine, il cartello del limite di velocità cittadino dei 50 orari: 50 come gli anni. «Bella età, peccato che siano volati. Ma non mi sono fatto mancare nulla».

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Domani sarà al Meazza? «Chi può dirlo (scoppia a ridere, ndr), giocando alle 12.30 poi… Questa sera festeggio il compleanno. Scherzo, ci sarò. Sarò vicino alla squadra». Che titolo diamo al derby di domani? «Il sorpasso di Dino Risi con Vittorio Gassman. L’Inter deve e può vincere. Magari è un bene ritrovarsi alle spalle del Milan oggi. Dopo essersi scaricati mentalmente contro Samp e Crotone, questa partita darà slancio ed entusiasmo. Pioli sta lavorando bene, è sbagliato giudicare il suo operato in un mese. Ora l’obiettivo minimo è l’Europa League. Per me il nerazzurro è tutto e ci sono rimasto male nel guardare la partita di Crotone. Dimentichiamola. Il derby è la gara ideale per dimostrare di meritare la maglia nerazzurra». Come sono cambiate le partite contro il Milan? «Quando giocavo erano molto più divertenti, agonisticamente cattive. Con Paolo Maldini siamo rimasti due anni senza parlarci. Se uno entrava in un locale di Milano, l’altro evitava quel posto. In campo si litigava, ma senza esasperazione. La Nazionale ci faceva riappacificare. Ora invece sembrano tutti amici». Prima pagina della Gazzetta del 19 novembre 1990: «Berti gioia dell’Inter». Derby “in trasferta” vinto con un suo gol a 5’ dalla fine e sorpasso in classifica. «Stacco e tolgo la palla dalla testa del mio amico Serena su cross di Klinsmann. Baresi aveva il solito braccio alzato, quella volta per chiamare fuori il traversone. Mai uscita la palla. Ho salutato la Curva del Milan e mi sono messo a piangere». 11 aprile 1993, Inter-Milan 1-1, la Gazzetta titola: «Gol illusione di Berti, poi 1-1 e festa Milan». «Vincendo avremmo tenuto aperto il discorso scudetto. Invece Gullit pareggiò. Mi piace ricordare la scena del mio gol come se fosse una canzone perché durò 3­4 minuti. Rubo palla a Maldini, tunnel a Costacurta che mi stende. Io a terra e Baresi mi lancia il pallone addosso. Mi incazzo e vengo ammonito per proteste. Inizia il mio show: faccio la lingua agli avversari, li stuzzico con raffinatezza, e annuncio alla difesa del Milan che segnerò. Punizione di Ruben Sosa e gol di testa. Se non avessi segnato, che figuraccia…». Non c’è traccia sugli almanacchi del suo gol del 15 aprile 1995, Inter-Milan 3-1. «Derby meno sentito, di basso profilo. I tabellini danno l’autogol a Seba Rossi perché io colpii la traversa e la buttò dentro lui di nuca. Avevo quasi convinto la Gazzetta che fosse mio gol». Sotto con un biglietto: Curva Nord. «Impressionante, ancora oggi mi vengono i brividi. Cantavano “Nicola Berti facci un gol”. La mattina della finale d’andata di Coppa Uefa, 26 aprile 1994, mi sveglio a Vienna con in sottofondo quel coro. Pensavo di sognare, invece erano i tifosi sotto la finestra. E la sera ho segnato il gol vittoria contro il Salisburgo». Altro suggerimento: Zhang Jindong. «Non l’ho ancora conosciuto, a differenza del figlio Steven. La famiglia Zhang ha portato entusiasmo, speranza e sorriso attorno a questa Inter. Siamo in rampa di lancio, si percepisce». Thohir. «Io e lui al Bernabeu con Florentino Perez per Inter Forever. Alla fine del pranzo fumiamo un sigaro io e il presidente del Real. Parliamo sul divano, mi richiamò all’ordine Thohir». Moratti. «Ho segnato il primo gol della sua gestione, 19 febbraio 1995, contro il Brescia. Vincemmo 1­0. Si complimentò, mi chiese se dopo quella rete avessi bisogno di una settimana di ferie». Pellegrini. «Oltre ai successi, all’Inter dei record, ricordo che mi mandò in punizione a San Pellegrino Terme qualche giorno. Diceva che ero stanco, che avevo bisogno di allontanarmi dalla città che era pericolosa. Mai stato stanco…». Tottenham. «I tifosi mi chiamavano il magnifico. Nei primi 6 mesi ci siamo salvati anche grazie ai miei gol. L’anno dopo cambia allenatore e mi ritrovo da titolare a fuori rosa. Beh, mi feci 6 mesi di vacanza a Londra stipendiato dagli Spurs…». Caraibi. «Dopo aver giocato in Australia decido di partire per St­Barth. Dovevo restarci qualche mese per ristrutturare casa. Ci ho vissuto 5 anni». L’opposto della nebbia milanese. «A proposito di nebbia. Vi ricordate tutti della mia cavalcata a Monaco di Baviera contro il Bayern. Ma a 17 anni ne feci una più lunga. Parma­Bari, segno il gol del 3­0. Parto dalla mia area, scambio con un compagno, vado fino in fondo e segno. L’arbitro Pezzella fischia la fine scordandosi di recuperare 4 minuti persi a inizio ripresa per nebbia. Bolchi, allenatore del Bari, glielo segnala, ma quando torniamo in campo la visibilità è nulla. Gara rinviata e cavalcata vanificata». Quale giocatore dell’Inter attuale le assomiglia? «Gagliardini, abbiamo caratteristiche fisiche simili, si inserisce negli spazi. Lui è più tecnico del sottoscritto. E’ elegante da vedere, è stato un grande acquisto e non a caso senza di lui siamo andati calando»

Fonte: gasport

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