CdS – Jorginho, il perno quando il Napoli gira, e con lui tutto si muove

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Jorginho palleggiatore come e più di chiunque altro. Una calamita. Il millepiedi. Il battimuro. E’ sempre dal suo destro che tutto comincia. Inizia. Si avvia. Un tocco, e poi un altro, e subito dopo ancora uno e da lì un’infinità. Una volta a Verona ne fece più di 200 in una partita sola.

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Più che possesso, diventa padrone: il pallone diventa suo per usucapione, ci sono le sue impronte, quasi ne prende la forma del piede Tic e toc. Come piace a Sarri. Vertice basso davanti alla difesa, ma poi alto, altissimo per percentuali di passaggi fatti e riusciti. Si propone, viene incontro, si fa vedere. C’è sempre. Una sponda per tutti. Svelto di testa oltre che di gambe. L’appoggia facile, ma giusta. Il riferimento. Anche per capire com’è che sta la squadra in campo. Più è corta e stretta, più lui è dentro il gioco. Più s’allunga e s’allarga più soffre. Questione di spazi da coprire. E dunque di passo, fisicità e distanze da colmare. Jorginho il centrocampista da sistema. Funzionale, utile, adatto. Il perno quando il Napoli gira e tutto si muove. E lui ha sempre soluzioni di gioco. Traiettorie da tracciare e angoli da trovare. E dunque zolle di campo da conquistare. Un passo alla volta, un passaggio dietro l’altro e avanti saltando la pressione di quell’uomo che ormai tutti gli mettono addosso. Marcature di fatto a uomo, ovunque e continuamente per togliergli idee, aria e giocate. Insomma che fatica. E quanti chilometri: sistematicamente (e abbondantemente) più di dieci a partita; e sono ventiquattro da quando la stagione è iniziata. Venti in campionato e quattro in Champions. 1895 minuti in tutto, due assist e nessun gol.

Quella notte vecchia tre anni, era al San Paolo e contro c’era la Roma in Coppa Italia. Jorginho bomber con Maradona in tribuna ad esultare: non gli sembrava vero. Ancora gli torna alla mente. Un tocco solo e palla in rete. Un tocco appena anche in quell’azione. Uno, qualche volta due, ma mai di più. E’ il calcio di Sarri che lo impone. E’ filosofia e pensiero. E lui ne è ormai di fatto la sintesi. E’ quello che ne scandisce tempi e spazi. E’ l’interprete quasi esclusivo la scorsa stagione e un po’ di più anche di recente – e sembra anche per domenica all’Olimpico con la Lazio- eppure tanto e ancora in ballottaggio. E poi c’è la tattica, ci sono le caratteristiche degli avversari, il momento di ciascuno: quante variabili; da impazzire.

Corriere dello Sport

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