Il Mattino – Walter Veltroni: “Sarri? Un professionista raffinato. Ecco chi sono i miei azzurri preferiti”

Per l'ex sindaco di Roma la sfida di Madrid è un premio ai grandi sforzi del club azzurro

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Juventino dichiarato. «Ma in Europa ho sempre tifato per le squadre italiane. E poi, a quindici anni, giocavo a scacchi con Zoff nel ritiro del Napoli al Ciocco, in Garfagnana». Walter Veltroni, in un’intervista rilasciata da “il Mattino”, sale oggi sull’aereo degli azzurri. Accolto l’invito del presidente De Laurentiis, amico di lunga data, parteciperà alla trasferta in Champions. «Entrerò per la prima volta al Bernabeu e soprattutto avrò la possibilità di vivere un bel momento per la squadra e la città».

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Sorprende un po’ che vada a seguire il Napoli. «E perché? Io ho assistito a decine di partite di squadre differenti dalla Juve. Sono appassionato di calcio e tifoso, le due cose non sono in contraddizione».

Qual è il significato di questa sfida? «Anzitutto, è la testimonianza del grande lavoro che c’è stato in questi anni. Non dimentichiamo che non tante stagioni fa il Napoli era in serie C e adesso si prepara a sfidare il Real Madrid, il club campione d’Europa, tra i più potenti sotto l’aspetto tecnico ed economico. Si sfata anche un luogo comune: Napoli passa per la città della improvvisazione, invece attraverso il lavoro e l’organizzazione è stato raggiunto l’obiettivo di giocare una partita così carica di storia e di significati, che peraltro legittima il recupero del ruolo di prestigio di Napoli nel calcio».

Ci sarà Maradona al Bernabeu, il capitano della squadra che venne battuta quasi trent’anni fa dopo aver vinto il primo storico scudetto: è un onore o un peso per questi azzurri? «Scherziamo? Maradona è un pezzo della storia del Napoli, dunque è bello che possa vivere questo momento con i tifosi che ancora tanto lo amano e con i calciatori che oggi rappresentano la squadra. Nel documentario Gli occhi cambiano abbiamo dedicato una puntata al rapporto tra Napoli e il calcio, tra Napoli e Maradona. A un certo punto mostriamo il dipinto di Diego sulla facciata di un palazzo ai Quartieri spagnoli e c’è un tifoso che si lamenta perché una finestra interrompe il ritratto. Ecco, è questa la relazione che c’è con un campione che è un pezzo di storia e di allegria, la testimonianza di una fase che corrisponde a questa».

Un anno fa lei ha conosciuto Sarri a Castel Volturno: cosa c’è dietro a questo allenatore in tuta che cura molto l’immagine della squadra e meno la sua? «È un professionista raffinato, molto competente e consapevole del suo ruolo, con curiosità che vanno oltre la sfera calcistica. Si dedica tanto al proprio lavoro, ha un’idea di calcio bella che ha introdotto reali elementi di innovazione. E poi suscita grande simpatia».

Lei è stato tifoso di Zidane ai tempi della Juve? «Ovviamente sì».

Che ne pensa del duello tra l’ex fuoriclasse che da allenatore ha vinto subito con un club di grande prestigio e il tecnico che ha conquistato la celebrità dopo tanta gavetta? «È un aspetto molto affascinante della sfida tra Real Madrid e Napoli. Sarri, che non è un uomo immagine ed è sempre concentrato, affronta Zidane, che è un campione che ha vissuto sempre in certe atmosfere e per il quale è più naturale, per il suo prestigio e la sua storia, calarsi in una simile partita. Sarri è figlio di un operaio che lavorava a Napoli, dove è nato prima di trasferirsi in Toscana, orgoglioso delle proprie origini e del proprio percorso professionale».

Ci saranno diecimila napoletani a Madrid: è il segnale di una fiducia cieca verso la squadra e di una grande forza popolare del calcio? «Non credo che vi sia da sorprendersi per questi dati che confermano una forte passione. Quando andai a trovare Sarri a Castel Volturno, percorsi il corridoio che conduceva allo spogliatoio e vidi sui muri le foto di azzurri del passato. Riconobbi non soltanto i campioni più celebri, ma anche calciatori come Cuman e Bean, o altri di cui si è persa la memoria. Li riconobbi per la passione che ci anima da sempre nel rapporto con il calcio: noi viviamo immersi in questo mondo che rappresenta quello che il basket e il Superbowl sono per gli americani. C’è una capacità pervasiva in una comunità molto estesa, che va dai bambini agli anziani. Il calcio è una dimensione ludica che fa tornare giovani».

Nella grande sfida di Madrid ci sarà in campo un solo italiano, il napoletano Insigne, peraltro l’unico calciatore cresciuto nel club di De Laurentiis. È una casualità? È qualcosa di cui dovremmo preoccuparci? «È un problema. Non soltanto del Napoli, ma della stragrande maggioranza delle squadre. Un giorno Allegri mi disse che bisogna partire da un nucleo di calciatori italiani se si vogliono risultati. Al di là della Juve, è un po’ quello che ha fatto Pioli, che ha subito inserito Gagliardini nell’Inter. Su questo bisogna interrogarsi anche perché c’è una intera generazione che sta venendo su e che va considerata. Compatibilmente con la Legge Bosman, i vivai italiani meritano attenzione. Ad esempio, io sono favorevole alla creazione di seconde squadre, sul modello spagnolo, affinché questi ragazzi abbiano la possibilità di partecipare a campionati agonistici».

Pronostico chiuso a Madrid? «Affatto, nel calcio non c’è mai nulla di scontato. Ho cominciato a seguire il Napoli da vicino all’inizio degli anni Settanta, quando in panchina c’erano Vinicio e Delfrati, durante le vacanze in un angolo della Toscana. Anche quel Napoli aveva calciatori di grande valore, poi c’è stato Maradona e adesso c’è una squadra che gioca bene e ottiene ottimi risultati. È una sfida tutta da vivere».

I suoi azzurri preferiti. «Mertens, mi piace moltissimo. E poi Zielinski».

Se a Cardiff ci fosse il 3 giugno una finale di Champions League italiana. «Juve-Napoli? Magari, per il nostro calcio».

La Redazione

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