CdS – Ci vogliono gli occhi della tigre per conquistare il secondo posto

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La favola che rimane avvolta in quel drappo verdebiancoerosso è un inno alla felicità assoluta, ma ciò che resta del Napoli – scrutandolo da Marekiaro – è la necessità assoluta, ormai improcrastinabile, di rimettere assieme i cocci di questo mese e lanciarsi in quello spazio che induce Hamsik a lasciarsi andare: «Serve un filotto di tre-quattro partite. Il campionato non è ancora finito, noi ci crediamo». Si scrive scudetto e si rilegge un «microuniverso», sei milioni di tifosi sparsi nel mondo, che si perdono nella gioventù lontana, il 1987 ed il 1990, o generazioni appese ai racconti dei nonni, degli zii, di quei papà a cui venne offerto il delirio dal Napoli nel quale Pierpaolo Marino era il direttore sportivo. «Ha ragione Hamsik e, visto che lo conosco e gli voglio bene, mi verrebbe da dire che ne ha comunque, a prescindere. Ma so bene quali e quanti difficoltà esistano. Però…». Le vie dei «signori» (dello sport) sono infinite e navigando in questo macrocosmo che ha ospitato leggende, ci sono esempi, modelli, precedenti che ispirano paragoni e suggeriscono strategie lanciate sul prato verde da Pierpaolo Marino: «Ci vogliono gli occhi di tigre e quelli servirebbero, nel caso in cui non basti vincere, per conquistare almeno il secondo posto». Gli occhi di tigre che lanciò Julio Velasco, gli occhi di tigre dell’Italvolley, gli occhi di tigre con cui si avviò una rivoluzione culturale e si scrisse la storia della pallavolo mondiale. «Gli occhi di tigre, sempre».

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Fonte: Corriere della Sera

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