Nel calcio un anno è un tempo lunghissimo, e le cose cambiano. Lo testimonia la parabola discendente di Jorginho, calciatore che, un anno fa, si era «preso» il Napoli e che adesso appare l’ombra di se stesso. Se l’ottimo campionato del Napoli dello scorso anno è dipeso anche dalla qualità in regia di Jorginho, le difficoltà attuali della squadra di Sarri sono l’effetto pure del suo scarso rendimento. Un anno fa Jorginho si godeva il plebiscito di consensi e la vittoria, netta, nel duello con Valdifiori. La svolta avvenne il 17 settembre del 2015, nella partita di Europa League con il Bruges: Sarri passò al 4-3-3 e Jorginho divenne titolare, non uscendo mai più dall’undici iniziale. Un equilibratore, regista e giocatore di raccordo perfetto per la manovra azzurra. A marzo scorso, il sito specializzato in statistiche, Opta, ne celebrava la bravura nel fraseggio, a maggio scorso anche il Cies, lo ha inserito al quinto posto (dopo Vidal, Xabi Alonso, Biglia e Marchisio) della classifica dei migliori centrocampisti centrali d’Europa. Ne ha conseguito la scontata convocazione nella Nazionale di Conte. Sembrava un punto fermo e indiscutibile e invece Jorginho si è smarrito. Ha dimostrato di soffrire in particolare la marcatura a uomo che da qualche tempo i tecnici avversari gli hanno riservato. Diawara ha, nel frattempo, scalato posizioni su posizioni fino a «sfilargli» la maglia da titolare. In questo momento Sarri gli preferisce il guineano per freschezza atletica e una certa «leggerezza» mentale, Ventura gli ha preferito il discutibile Montolivo e persino il giovane Gagliardini, ma è fuori dicussione che dal recupero di Jorginho dipende parte del futuro radioso, o meno, del Napoli di Sarri. (Il Mattino)