Ferlaino: “Le mie lacrime a Stoccarda, piango ancora dopo 27 anni”
Si commuove Corrado Ferlaino quando ricorda la vittoria della Coppa Uefa.
«L’emozione più bella è stata a Stoccarda: fu la rivincita degli operai napoletani in Germania e più in generale quella di tutto il sud. La strada dallo stadio all’aeroporto era piena di bandiere azzurre: è stato il giorno più bello della mia vita».
Ha vinto anche due scudetti: quando arriverà il terzo? «Mi auguro molto presto, anche quest’anno. I tifosi del Napoli vogliono vincere subito. La Juve può essersi montata un po’ la testa e gli azzurri devono avere la forza per sorprenderla».
Come avviene il salto di qualità per vincere? «Il Napoli deve crescere fuori casa, è lì che deve colmare il gap con la Juve. L’anno scorso gli è sfuggito lo scudetto perché ha perso sei partite in trasferta».
Quanto può pesare l’assenza di Milik? «Dispiace per il suo infortunio ma nel calcio gli infortuni ci stanno, Sarri può trovare la soluzione giusta tra quelli che in organico».
Gabbiadini? «Perché no? Sarri è bravissimo e saprà valorizzare al meglio tutti i suoi uomini».
Le piace il calcio di Sarri? «Molto e per questo non mi sta sorprendendo la partenza molto forte anche in Champions League. Il Napoli gioca il migliore calcio d’Italia».
Sabato c’è Napoli-Roma: cosa le ricorda questa sfida? «Impossibile perché di sfide ce ne sono state tante e tutte emozionanti. Allora io e Dino Viola avevamo un avversario comune: la Juventus. Allora le tifoserie erano amiche, adesso dispiace che non sia più così».
La Juve che provò a prendere a Maradona? «So che Agnelli lo stimava molto, mentre piaceva decisamente meno a Boniperti per il suo carattere: a me però non è arrivata mai nessuna offerta dalla Juve. Stesso discorso per Berlusconi: allora c’erano contratti lunghi e tutti i club sapevano che Maradona era incedibile per qualsiasi cifra. Solo una volta Tapie, il presidente del Marsiglia, si presentò con un assegno in bianco chiedendomi di scrivere la cifra per Diego: lo bloccai immediatamente».
Diego che ha permesso al Napoli di vincere due scudetti. «Non solo Maradona, quel Napoli non era soltanto Diego: giocavano tanti grandi calciatori: Bagni, Ferrara, poi Careca. Era un grande Napoli».
Riuscì anche a dimostrare che nel calcio si può vincere con un fatturato più basso rispetto ai club più forti economicamente. «Io ci riuscii rischiando con l’acquisto di Maradona in un momento in cui quasi c’erano problemi a pagare gli stipendi. C’era un solo modo per aumentare il fatturato, anche se allora gli introiti arrivavano principalmente dagli stadi, ed era quello di vincere lo scudetto. Per questo puntai sul più forte del mondo».
Tanti campioni nel suo Napoli ma anche dei napoletani. Adesso ce ne è uno soltanto, Lorenzo: è lui il simbolo della squadra? «Per fortuna che c’è lui, così posso parlare con qualcuno in napoletano… Insigne è uno dei simboli. Lo è anche Hamsik che sta qui da dieci anni ed è diventato napoletano».
Si è abituato anche a lei a un Napoli quasi tutto straniero? «Adesso così, l’importante è che amino Napoli e il Napoli. Non a caso ho citato Hamsik, uno legatissimo alla città».
Fonte: Il Mattino