Napoli Club Bologna: “Riprendiamoci lo stadio! Diamo un calcio al pallone e all’ illegalità”

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Tifoso, o meglio ultrà, non è sinonimo di teppista, tantomeno di delinquente, ma liberiamoci di questi ultimi: è questo il messaggio che si alza, ad opera del Napoli Club Bologna, dal Teatro di Dimaro. Gli ospiti del convegno ed il DSC_0036presidente Maurizio Criscitelli, lanciano la sfida al luogo comune più pericoloso del mondo del calcio. Appare ovvio che tra i tifosi di tutte le squadre, ci siano dei delinquenti, ma le due categorie non possono e non devono viaggiare a braccetto. Frammenti di vita del club, tra stadio e convivialità, vengono racchiusi in un video che presenta persone e non personaggi. Tifosi che, come primo obiettivo hanno la “lotta alle mafie”, da combattere con il potere educativo dello sport e del calcio soprattutto: questi sono i ragazzi del Napoli Club Bologna. Tra i partecipanti al convegno, il giornalista Guido Ruotolo, analizza una serie di dati. Gli episodi violenti, a ridosso o all’ interno di un impanto sportivo, fanno emergere un’incidenza limitata sul fenomeno violento dell’ evento sportivo in sé, denotando,  invece, motivazioni diverse. La causa degli scontri è per esempio, nel 72% dei casi, l’odio tra tifoserie e, nel 23%, la conflittualità con Le Forze dell’ Ordine. Il primo dato vede spesso il Napoli e Napoli nella parte della “vittima”, nei panni di chi subisce. “Le parole hanno peso ed ogni volta che si usa una parola a sproposito bisogna valutarne le conseguenze”- dice il giornalista Sandro Ruotolo – “è per questo che con due parole molto fortiDSC_0030 definisco l’omicidio di Ciro Esposito un omicidio politico-fascista. Ed aggiungo anche che non è possibile ascoltare ancora determinati cori e che, in merito a questi episodi, le società dovrebbero assolutamente intervenire”. Il presidente Nazionale dei Penalisti Italiani, Claudio Botti, analizza l’inutilità della maggiorparte dei Daspo e afferma con veemenza che “l’unico modo per debellare e sconfiggere il fenomeno razziale all’ interno di uno stadio, è penalizzare la squadra attraverso la classifica. Non sarà giusto, sarà folle, ma solo in questo modo si può sperare che il fenomeno possa essere arginato“. “C’è bisogno di acquisire una cultura sportiva nuova, che non sia neanche lontana parente di quella accondiscendente che popola adesso i nostri stadi. C’è bisogno della forza della denuncia e della volontà di emarginare le figure che tentano di impossessarsi, attraverso la sopraffazione, la violenza e l’usurpazione, dell’ autenticità e della familiarità che costituiscono uno stadio di calcio“. Un invito che parte da un Club, una regola che dovebbe caratterizzare un paese civile. 

Factory della Comunicazione

a cura di Gabriella Calabrese

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