Approfondimento – di Gabriella Calabrese: “La caduta degli dei”
A Napoli lo hanno capito. E la 10, ad un certo punto, è stata destinata esclusivamente alla gloria. Ai partenopei è stata subito chiara l’unicità di quello che avevano visto e, negli anni a venire, non hanno mai più pensato ad un sostituto, un erede. A Napoli non si cerca e non si è mai cercato il nuovo Maradona, a Napoli si osanna quello vero: in teche di vetro, con i murales, mediante foto, nelle case e nei bar, attraverso filmati e dvd. Napoli ora convive con i suoi nuovi idoli, li osanna e li ama, ma non pretende e non vuole un altro Maradona. Napoli si è dimostrata città intelligente, ha compreso che ciò non sarebbe stato possibile e non sarebbe stato giusto. Quella spada di Damocle non poteva e non doveva colpire nessuno. L’ Argentina, patria dell’ unico vero Diego, invece, pare non si sia mai rassegnata all’esistenza di un unico Pibe de Oro, ed ha sbagliato. Su quello che è attualmente il giocatore tecnicamente più forte del mondo, ha lasciato che incombesse, pesante come una scure, l’ombra di Maradona. Messi non riesce a sopporterla, gli manca l’aria. Ed allora si arrende, sbaglia, abbandona, lascia. E giù, ancora, con i paragoni inopportuni: “Maradona non l’avrebbe mai fatto”, senza capire che è il punto di partenza ad essere sbagliato: semplicemente perchè Messi non è Maradona e non lo sarà mai. In Argentina e per gli argentini forse è troppo dura accettare una palese verità: c’è stato chi ha reso vincenti Napoli e Argentina e chi ha reso vincente Messi, il Barcellona.
E’ questa la differenza e non è da poco. La Pulce resta e resterà un giocatore dai piedi divini, ma non potrà mai essere carismatico, leader ed uomo squadra come Maradona. Diego vinceva i Mondiali da solo, Messi non riesce a farlo neanche con una squadra mostruosa, ma da qui ad accusare il solo blaugrana per la debacle argentina nell’ ultima finale di Copa America ce ne passa. Sono le squadre a perdere e, quando ciò accade a quelle più forti, il problema è nella testa. Se l’Argentina perde quattro finali su quattro, è inutile dare la colpa al singolo, che si chiami Messi o Gonzalo Higuian, solo perchè è più facile, solo perchè bisogna dare alla sconfitta un nome, un cognome e, peggio ancora, un volto. Gli attaccanti sbagliano i gol, i portieri le uscite, i difensori le marcature e le diagonali, i rigoristi i rigori…L’altra sera a New York, nella finale persa per la seconda volta in due anni con il Cile, il mondo ha assistito alla caduta degli dei. Le lacrime di Messi si sono viste in campo, quelle del Pipita ci sono state, ininterrotte, per oltre un’ora, negli spogliatoi. Adesso toccherà, ancora una volta a Napoli, ancora una volta a Sarri, rimettere insieme i pezzi dell’ ego di Gonzalo (mercato e suoi giochi permettendo). Perchè quando cadono gli dei è dura tirarli su. Gli dei sono tanti e possono cadere, anche tutti insieme: Messi, Higuain, Aguero, Ze Maria, Mascherano… Il politeismo è un dato di fatto. Il calcio, quello vero, invece, è monoteista: sa che Dio è uno solo.
a cura di Gabriella Calabrese