Approfondimento di Riccardo Muni – “La farsa e la vergogna”
Il poeta romano Giovenale si chiedeva: Quis custodiet ipsos custodes? Il dubbio che da secoli si insinua in ogni civiltà è appunto: chi controlla il controllore? E questo dubbio torna prepotentemente di attualità all’indomani della mannaia che il giudice sportivo Tosel ha abbattuto sul Napoli, con il Pipita Higuaìn colpito molto pesantemente, andando contro uno dei principi cardine dell’intero sistema giuridico italiano, che vorrebbe la pena commisurata alla violazione commessa. E tutto questo senza voler scomodare il primo principio giuridico per antonomasia, quello della legge uguale per tutti, come campeggia in ogni aula di tribunale dello stivale. Dalle immagini è chiaro che è l’arbitro Irrati a dirigersi verso Higuaìn e non viceversa. Non essendoci, quindi, violenza nell’agire di Higuaìn nei confronti dell’arbitro Irrati, come risulterebbe dallo stesso referto del fischietto pistoiese, ci si interroga sulla disparità di sanzione inflitta a Bonucci che, testa contro testa con l’arbitro Rizzoli, è stato fermato per un solo turno. Inoltre, il bomber argentino usa il termine ‘vergognoso’ nei confronti del fischietto pistoiese che, fino a prova contraria, non costituisce ingiuria a differenza degli epiteti rivolti ad un arbitro dallo juventino Zaza che, come Bonucci, non è stato minimamente sanzionato. Tanti dubbi, finanche troppi, a cui nessuno potrà dare risposte ma che alimentano altri dubbi e troppi cattivi pensieri. Irrati, arbitro di Udine, era l’assistente di porta durante il derby di Torino, colui che non ha ravvisato gli estremi dell’ammonizione ad Alex Sandro. Meno male che, ammonendo i calciatori azzurri in occasione dei due rigori concessi all’Udinese, ha ribadito, senza parlare, l’errore grossolano commesso a favore della Juve durante l’ultimo derby. Fa sorridere il tentativo grottesco di alcuni tifosi juventini, di tirare in ballo un fallo di Ghoulam nei confronti di un calciatore del Torino, non sanzionato con il giallo. Due episodi completamente diversi che sono la sola arma usata dai tifosi bianconeri per difendere l’indifendibile. Ma loro sono tifosi e, si sa, l’amore è cieco! Tuttavia, c’è qualcosa di ancora più melmoso in tutta questa vicenda e riguarda proprio il comportamento del giudice sportivo Giampaolo Tosel, il controllore, un friulano di fede juventina. Tralasciando il fatto che la propria fede calcistica non sarebbe dovuta diventare di dominio pubblico, poiché il giudice dovrebbe essere simbolo di imparzialità, è inaccettabile il fatto che la Gazzetta dello Sport abbia anticipato la sentenza ventiquattro ore prima che la si rendesse pubblica, grazie ad alcune notizie spifferate da Tosel ad alcuni giornalisti della rosea. All’indomani di questa anticipazione, il giudice sportivo, messo al centro di uno scherzo telefonico e convinto di parlare con un suo amico napoletano, ha candidamente ammesso troppe cose per poter rimanere al suo posto. Dalle anticipazioni fatte alla rosea, violando il principio del segreto d’ufficio, fino ai commenti su De Laurentiis, (…sappiamo tutti che De Laurentiis è un personaggio non particolarmente amato, questo è scontato …) e sugli Agnelli (…con Agnelli c’è più simpatia? Il suo modo è diverso, ma non sposta nulla…). E poi ancora sulla mancata squalifica di Bonucci (…l’arbitro lì non ha riferito nulla…) fino all’assurdo di sconfessare la prova televisiva (…io non sono pagato per vedere la televisione…). C’è da scommettere che nel paese della forma e del suo vizio, si obietterà del modo con cui tali ammissioni o confessioni (chiamatele pure come vi pare) siano state carpite con l’inganno. Un vizio di forma appunto, buono solo per coprire un mare di melma in cui stanno affossando quello che un tempo fu il campionato più bello del mondo...tiemp bell ‘e na vota! Chiedere al giudice sportivo Tosel, colto con le mani nella marmellata, di dimettersi spontaneamente sarebbe pretendere troppo in un paese in cui si è più attaccati alla sedia che si occupa che a tutto il resto. Che vengano presi seri provvedimenti è, invece, il minimo che si possa pretendere se si vuole mantenere ancora quel briciolo di dignità che rimane al pallone italiano. Che dopo calciopoli nulla fosse cambiato era palese, che errori pro e contro durante un campionato si equivalgono compensandosi è una storiella che nessuno si beve. Che il giudice sportivo fosse non sempre imparziale nel suo metro di giudizio non rappresenta una novità, tuttavia sentirlo candidamente confessare fa perdere le staffe anche al più mite dei tifosi. Ed allora che qualcuno controlli il controllore e lo sanzioni! Volendo essere realisti, viviamo nel paese in cui per il commissario tecnico della Nazionale, Antonio Conte, si chiede la condanna a sei mesi di reclusione per la frode sportiva risalente ai tempi in cui era allenatore del Siena. Antonio Conte, divenuto simbolo della Juventus sia per i suoi trascorsi da calciatore che da allenatore dei bianconeri, quello dei tre scudetti post calciopoli. Colui al quale è stato permesso di firmare il contratto con il Chelsea, essendo ancora alla guida della nazionale azzurra, alla vigilia della spedizione francese di Euro 2016. Di fronte a tutto questo, non ci si meraviglia del fatto che il mostro sbattuto in prima pagina è Higuaìn, che il quotidiano sportivo torinese finge crociate pro-Pipita con il solo intento di diradare la fitta nebbia del dubbio che attanaglia, per l’ennesima volta nella sua storia, uno scudetto vinto dalla vecchia signora. Da questo mare di melma si salva l’udinese Badu che prima cerca di spiegare all’arbitro cosa sia successo, poi si mette a discutere animatamente con Felipe mimandogli di aver dato lui per primo un calcetto ad Higuain a palla lontana. Un esempio di lealtà sportiva che avrebbe meritato maggior risalto e che invece hanno pensato bene di far cadere nel dimenticatoio.