Marco Prestisimone: “La rivoluzione silenziosa dell’antieroe Maurizio Sarri”

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Forse dovremmo dire “basta” a chi sostiene che il calcio, lo sport, siano solo un divertimento, un hobby, un passatempo con cui sfogare la domenica le isterie della vita frenetica del terzo millennio.
Lo sport, nella sua accezione più nobile, è molto di più. E’ aggregazione, unità d’intenti, comunione. E’ palestra di vita, perché di fatto insegna a stare al mondo: sappiamo che per raggiungere un obiettivo ci vogliono impegno e sacrificio, sappiamo che nulla viene per caso, sappiamo che la forza intrinseca derivante da una sconfitta si radica di più nell’animo rispetto alla gioia di chi invece vince sempre. Sappiamo che a queste sconfitte si deve reagire, perché è chi non lotta che esce veramente sconfitto. Concetti tipici dello Sport, quello con la “S” maiuscola, facilmente trasferibili nella stessa vita frenetica di cui sopra.
E allora oggi qualsiasi sportivo dovrebbe chiudere gli occhi, cancellare classifiche, speranze, rivalità. Dovrebbe chiudere gli occhi e dare un valore più alto allo sport, partendo da un esempio che arriva direttamente dalle pendici del Vesuvio. L’antieroe Maurizio Sarri. Sì, perché non indossa un mantello nero, non ha nessuna S sul petto, non arriva a bordo di un’auto fiammante. Addosso la sempre fedele tuta, a nascondere (diciamo la verità, neanche troppo) quella pancia da buongustaio qual è, in tasca le chiavi di un’utilitaria. Ed è così che si è preso Napoli.
E siamo tutti un po’ Sarri: dall’allenatore toscano arriva una grande lezione, quella che lavorare nell’ombra per tanti anni può all’improvviso rivelarsi il trampolino di lancio verso l’Olimpo; che puoi veder passare davanti a te personaggi che meritavano meno di quanto meritassi tu, ma che la vita allo stesso tempo restituisce quando meno te l’aspetti. Che l’abito non fa il monaco, che esprimere la propria opinione con acume, sarcasmo, intelligenza, permette che si venga ascoltati tanto quanto, se non più, di chi invece ha bisogno di alzare sempre la voce per farsi sentire. E ancora, che non conta da dove arrivi se riesci a farti rispettare e a far sì che chi ti sta intorno si fidi di te.
Lo sport e la vita hanno bisogno di esempi così. E allora da Napoli parte una rivoluzione, silenziosa e fragorosa allo stesso tempo, come nel suo stile.
Chi ha mai detto che per farsi sentire bisogna urlare?

Factory della Comunicazione

A cura di Marco Prestisimone

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