Si definisce fortunato perché gli è toccata la data giusta: il 2 e 3 giugno Gigi D’Alessio è in concerto al “Maradona”. Nella terra della scaramanzia non si dovrebbe dire: «E infatti non succede, ma se succede…» accenna il cantautore, tifoso sfegatato degli azzurri.
Non succede ma se succede si ritroverà a cantare in un momento irripetibile: i 2500 anni di Napoli, un nuovo possibile trionfo della squadra, il suo spettacolo a celebrare il tutto. Per ora resta cauto ma dopo la vittoria di Bergamo che ha il sapore di quella cosa innominabile l’entusiasmo, nella sua voce, si percepisce. Si colgono le note di una soddisfazione per la squadra e per la città: «Napoli lo merita, la città è già da scudetto».
D’Alessio, ha visto la partita?«No, ero a lavoro a Palermo; mi sono aggiornato sul risultato costantemente e appena ho potuto mi sono tuffato sui momenti salienti della gara. Ma ho visto ben altro. Sono tornato in aereo, arrivando pochi minuti prima dell’arrivo di quello che trasportava i calciatori del Napoli, così dall’alto mi sono ritrovato questa macchia azzurra nella notte: erano i tifosi venuti ad accogliere i loro beniamini. Una cosa mai vista, emozionante».
Contento del momento della squadra?«Ne sono felicissimo, soprattutto della sua rinascita. Dopo l’ubriacatura dello scudetto è stato un anno di depressione e tornare in alto, così presto, non era facile. Leggo nei giocatori una nuova fame, una voglia di riprendersi ciò che è loro. Artefice di tutto ciò è prima di tutto Antonio Conte, un professionista straordinario, uno stimolo per chi gioca al calcio ma non solo: direi che può essere un esempio per un intero popolo».
Lei lo conosce?«Sì, da tempo, facevamo le vacanze insieme a Sperlonga e ci siamo mantenuti in contatto. Persona trasparente, è così come lo si vede in tv, senza doppie facce, modello di uomo del Sud che si è dato da fare. Perché le strade per noi che veniamo dal Meridione sono sempre in salita, ma quando ci affermiamo la soddisfazione è doppia».
Il campionato è lungo.«Assolutamente, mi piace la festa ma bisogna restare concentrati. Adesso è necessario stare attenti all’Inter, tuttavia è un aspetto positivo non avere le coppe, quest’anno, così qualche piccolo vantaggio ce l’abbiamo, infatti vedo i calciatori sereni. In più mi auguro che venga qualche rinforzo dal mercato».
Deluso dall’addio di Kvaratskhelia?«Lo amavo come giocatore ma non sono amareggiato. Noi tifosi del Napoli viviamo queste partenze come dei tradimenti perché più di altre piazze viviamo gli amori calcistici come legami anche umani; però negli ultimi tempi era scarico, prevedibile. Devo dire che mi sono legato subito a Neres, ha fantasia e tocco, sa giocare in vari punti del campo, è lucido e pieno di soluzioni. Se il sacrificio di Kvara è valso la sua esplosione che dire, meglio così. Al resto pensa il mister».
Qual è la ricetta di Conte?«Sa parlare e motivare. L’entusiasmo fa la differenza: se io salgo su un palco dove mi attendono 100mila persone mi arriva addosso un’adrenalina diversa, così quando riesci a caricare un atleta rende di più. In questo è il miglior psicologo che la squadra poteva trovare».
A proposito di salire sul palco, lei a inizio giugno è al “Maradona”.«Sono un uomo fortunato, mi ritroverei al posto giusto e al momento giusto. Oddio, c’era da scegliere e ho puntato su quelle date in tempi non sospetti, in qualche modo ho fatto una scommessa. Facciamo finta che non siamo scaramantici, ma una serata del genere è al di fuori della mia immaginazione: nell’anno in cui la città compie 2500 anni, un trionfo della squadra e un concerto nel tempio del Dio del calcio… troppa grazia! Diciamo che per ora è un sogno».
Un’affermazione andrebbe a coronare un momento esplosivo per la città.«Ero tra quelli che subivano pregiudizi quando cantavano in napoletano, sentire che ora tutta Italia lo fa è motivo di orgoglio. E mi sento un apripista, anche per avere avuto l’ardire di riportare i concerti a piazza Plebiscito, sapere che adesso gli artisti internazionali vorrebbero quel palco, che una cantante come Fiorella Mannoia si vuole trasferire qui dopo essere stata ospite da me, mi onora».
E di questa Napoli invasa da turisti e stranieri, che ne dice?«Tra i risultati che più mi hanno sorpreso, nelle ultime annate dei concerti al Plebiscito, c’erano quelli delle geolocalizzazioni. La media era del 36% di spettatori da fuori Campania, e il 16% addirittura da fuori Italia».
Il calcio aiuta nel rilancio della città?«Sicuramente. Come vetrina e come fattore di attrazione. Quanta gente è venuta per lo scorso scudetto? E quanta gente verrà se…No, troppo presto. Godiamoci questi momenti che sono altrettanto belli. Tanto noi napoletani siamo sempre pronti a fare festa, siamo in grado di fare in pochi minuti cose che altri popoli fanno in mesi».
Fonte: Il Mattino