Caso Bove, parla l’esperto: “Episodio dovuto a una combinazione di fattori. Complimenti al personale medico”
Le parole del dottor Marco Evangelista
Intervenuto a Tele A, nella trasmissione tv Si gonfia la rete, il dottor Marco Evangelista, cardiologo ed endocrinologo e dirigente di Medicina Interna presso l’Ospedale Monaldi di Napoli, ha parlato del caso Bove: “Innanzitutto va detto che la sopravvivenza di Bove è una vittoria per la sanità italiana e il merito è tutto da attribuire a chi gli ha prestato soccorso e con questo intendo il personale medico, più che i calciatori intervenuti. In nessun contesto, infatti, si agisce cercando di prendere la lingua: è una cosa che non si dovrebbe mai fare. Se si trattasse di un attacco epilettico il rischio di lesioni anche gravi sarebbe altissimo. Piuttosto, esiste un’altra pratica: per scongiurare il soffocamento, il capo va esteso verso l’indietro, ed è una manovra che viene insegnata in qualsiasi corso di primo soccorso. I calciatori sono sottoposti a controlli stringenti, in Italia in particolare è così. In Francia, per esempio, non c’è nemmeno l’ECG di base, serve che venga richiesto appositamente. Il protocollo in vigore è obbligatorio dal 1982 e il numero dei decessi nel campo sportivo, da quando lo si è adottato, si è ridotto del 98%. Si tratta di un numero enorme in medicina. L’Italia è un’eccellenza assoluta in tal senso, ma la medicina non è perfetta e mai lo sarà. Resta fondamentale la prevenzione. In campo con il defibrillatore sottocutaneo? La normativa italiana che lo nega non è molto chiara, perché non specifica il motivo di tale divieto. Semplicemente, l’idea del legislatore è forse quella di prevenire ulteriori casi o altre aritmie, che non si possono escludere e in tal senso sposo questa visione. Poi, in campo, tra contatti e pallonate… non ci si può sentire del tutto al sicuro con il dispositivo. Quella di Bove sembra essere una patologia molto particolare: da ciò che si è saputo, pare abbia avuto un’aritmia da abbassamento di elettroliti, forse a causa della disidratazione. La miocardite di cui aveva sofferto in passato? Dopo il COVID i casi di miocardite sono aumentati e sappiamo che può rappresentare un fattore di rischio per aritmie, anche a distanza di tempo. Tuttavia, è probabile che in questo caso l’episodio sia stato determinato da una combinazione di fattori, inclusi squilibri elettrolitici e altre condizioni preesistenti, piuttosto che dalla miocardite come unica causa. È trapelato che il ragazzo aveva un basso valore di potassio, ma non si può conoscere il motivo specifico: forse l’evento è stato scaturito da una condizione preesistente. In questi casi è come andare a cercare l’ago in un pagliaio. Ciò che conta è che oggi il ragazzo sta bene e il supporto che potrà dargli il defibrillatore è una vittoria in tutti i sensi per la sanità italiana“.