Scaramanzia e superstizione: il rito di Sarri e il cappotto di Ulivieri

Storie di scaramanzia nel calcio di due ex azzurri:

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Come si legge dall’edizione odierna della Gazzetta dello Sport, il 17 novembre rappresenta la giornata del gatto nero, animale che rimanda alla superstizione. Nel calcio – a tutte le latitudini – è una abitudine assai frequentata.

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Maurizio Sarri (2015/18)
Maurizio Sarri è molto scaramantico. Il nero è il suo colore preferito, dice che gli porta fortuna. Da Empoli a Napoli fino alla Lazio, quando è andato in panchina ha sempre indossato qualcosa di nero (la polo, i calzini, le mutande). Negli anni ’90, quando allenava tra i dilettanti, obbligava i giocatori a calzare scarpe nere e si arrabbiava se qualcuno disobbediva. Una volta un suo amico gli disse: “Mauri, mi sembri Diabolik…”. E anche questo soprannome gli rimase addosso.

Il rito “sudato” di Ulivieri (Napoli 98/99)
Renzo Ulivieri, l’allenatore in panchina con il cappotto anche nelle domeniche di caldo africano. Portava bene. Abitudine nata a Vicenza e ripetuta a Bologna, all’epoca del doppio salto dalla C alla A (1994-96). Una volta si presentò a Palermo – c’erano 36 gradi – con il cappotto portafortuna. Un forno. E dentro quel forno: Ulivieri. “Sudano i miei ragazzi in campo, non vedo perché non posso sudare anch’io”. Inattaccabile.

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