Il Mattino – L’INTERVISTA – Fabio Cannavaro: “Vincere con la maglia azzurra ti rende immortale”

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Fabio Cannavaro, ex calciatore del Napoli e della nazionale, ha parlato in un’intervista a Il Mattino, in cui parla del Napoli e non solo.

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Il capitano è lì che freme. In attesa di un’altra avventura. La salvezza dell’Udinese resta nel cuore. E nei ricordi più belli. E mentre aspetta, guarda partite di ogni genere, anche le amichevoli. E tifa per Conte che è seduto sulla panchina del “suo” Napoli. «Vincere con la maglia azzurra ti rende immortale. Come è successo a Spalletti. Se vinci con l’Inter o la Juventus o con il Real Madrid non è la stessa cosa: dopo che hai alzato il trofeo, il giorno dopo già tutti pensano a come vincere qualcos’altro. Qui no. Qui abbiamo festeggiato il terzo scudetto per molti mesi. Anche troppi».
Cannavaro, partiamo da lei. Perché non è rimasto a Udine.
«Non lo so. Confesso che mi è dispiaciuto, perché davvero non era semplice salvare la squadra. Non per il valore dei calciatori, ma per il clima che si era creato. Abbiamo creato un grande feeling in pochissimo tempo. Ma sono felice per la missione compiuta e anche perché, con la rosa che ha, l’Udinese farà grandi cose. Sono cambiate 13 panchine in serie A questa estate, c’è stato grande fermento.
Conte non schiera più il 4-3-3 che sembrava nel Napoli una specie di decreto presidenziale?
«Premessa. Il Napoli resta molto forte, ha giocatori di spessore internazionale che sicuramente non valgono il decimo posto dell’ultima annata. Antonio ha subito capito dove mettere le mani, dove rinforzare la rosa, come intervenire e in che modo. Mi pare che abbia ben definito anche i modi di dialogare con De Laurentiis. Credo che l’unico fastidio al momento sia legato alla gestione di Osimhen. Non credo sia una situazione semplice».
Mancano pochi giorni all’esordio con il Verona.
«Vero, la squadra è incompleta e penso che sia ancora lontana da quello di cui ha bisogno Conte. Ma sapeva bene quello che trovava, mica è uno sprovveduto. Ma ha fatto bene a venire, come si faceva a dire di no al Napoli? Poi, vero che non fa le coppe, ma a lui piace anche la gestione delle squadre che non giocano in Europa, anche perché sa bene che è un vantaggio scendere in campo una sola volta alla settimana».
Antonio compagno di Nazionale che tipo era?
«Alla Juventus ci siamo sfiorati, poi ci siamo trovati insieme con l’Italia di Dino Zoff, fino all’Europeo del 2000. Lui sapeva di non essere un fenomeno e ha sempre capito che con la forza, il lavoro e la determinazione puoi arrivare ai livelli di chi ha più talento. Come ha fatto lui. Ecco, anche come allenatore mi pare che sia rimasto quello: la serietà e l’applicazione negli allenamenti aiutano a migliorare te stesso e tutta la squadra».
Però, ha avuto già da lamentarsi per i ritardi sul mercato.
«E ha fatto bene. Lui non mette le mani avanti, lui lo fa perché ha fretta di cancellare certi errori che il Napoli si sta tirando indietro da troppo tempo con acquisti non da Napoli… Antonio è uno fatto così: le cose non le manda a dire, le dice in faccia. Ma chi lo prende, sa bene chi si porta a casa».
Il colpo, fino ad adesso, è stato Buongiorno.
«Diventerà uno dei migliori difensori italiani. E sa perché? Sa fare tutte e due le fasi. E in più, in area ti salva. Sa fare un lancio di 50 metri, ma anche un’imbucata. E sa aiutare il compagno, come faceva anche Kim. Interpreta il suo ruolo secondo i criteri moderni. Poi è italiano, è da un po’ che non abbiamo un centrale con queste caratteristiche».
Chi è curioso di vedere quest’anno?
«Il Bayern Monaco che si affida a Kompany nonostante la retrocessione del suo Burnley. Ecco, questo significa guardare le idee oltre i risultati».
La ferita aperta è il flop dell’Italia in Germania?
«Lo è perché inspiegabile. Ma ho sentito le critiche: tutti contro Spalletti. Ma non è così, non c’è mai un solo colpevole. Io ne ho vissute di eliminazioni in una fase finale, non ho vinto solo il Mondiale, e ogni volta, analizzando il fallimento, la risposta che ho trovato è sempre stata la stessa: l’incapacità di creare situazioni che non ti fanno pesare il fatto che devi stare 40 giorni insieme ad altri mentre, magari, con la testa vorresti già stare al mare. La scintilla non è scattata con Spalletti. Ma bisogna andare avanti con lui. Ma tutti devono capire cosa è la maglia azzurra».
Ha visto anche le Olimpiadi?
«Sì, poi stando in Spagna in questi giorni l’orgoglio per i nostri successi è stato ancora più grande. Ammetto che il trionfo dell’Italia femminile di volley è stato quello più entusiasmante. Anche per la lezione che ha dato Velasco: in pochi mesi ha ricostruito un gruppo con il lavoro e le motivazioni. Vale per tutti».
Domenica c’è il campionato. Chi vince?
«L’Inter con Inzaghi è quella che mi pare che fin dall’inizio abbia le idee migliori. Ma è meglio che Simone tenga ben in mente quello che hanno combinato le ultime due squadre campioni d’Italia… il flop è sempre dietro l’angolo».
La sua griglia?
«Come sempre, tutti prendono sottogamba l’Atalanta. Gasperini ha perso Scamacca e sicuramente Koopmeiners ma è lì che può guardare negli occhi tutte le big. Per lo scudetto ci sono anche loro».
Ha parlato di Koopmeiners. Giusto questo strapotere dei calciatori?
«C’è un’indignazione quasi a orologeria. Questo è il calcio moderno, non mi pare che sia il primo caso. Non sarà l’ultimo. Nessuno si deve scandalizzare».
La nuova Juventus con Thiago Motta?
«Nel calcio delle amichevoli mi ha lasciato un po’ perplesso. Ma non si possono fare bilanci ad agosto. Non mi aspettavo l’esclusione di un calciatore come Chiesa, giocatore straordinario, che poteva servire tranquillamente. Anche perché tra infortuni e partite giocate fuori ruolo, ha dimostrato tutta la sua determinazione. Se va al Milan di Fonseca, cambia molto gli equilibri in vetta».
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