Veronica Ojeda, ex compagna di Maradona, madre di Dieguito Fernando, il figlio più piccolo del Diez, ha testimoniato martedì durante il processo al tribunale penale di San Isidro per la morte dell’argentino. Parole forti, accuse pesanti, dichiarazioni che fanno rumore. Punta il dito anche contro l’avvocato Matias Morla facendo riferimento a un incontro con Maradona durante la pandemia: «Diego mi disse che l’entourage lo stava derubando. Lo avevano praticamente rapito. Mi suggerì di parlare con il commercialista. Aveva paura, mi chiedeva aiuto. Mi disse di portarlo a La Plata dove aveva una casa. Ci andammo. Giocando con nostro figlio, si riprese. Stava meglio». Poi la situazione è peggiorata con i fatti noti, il delicato intervento alla testa e il ricovero a domicilio. Quello fatale nella “casa degli orrori” nel quartiere di San Andres, Tigre, dov’è morto il 25 novembre 2020 all’età di 60 anni.
«Quando lo vidi sul letto, gonfio, con la schiuma alla bocca, sono svenuta».
LE ACCUSE. Ojeda, in lacrime, ha raccontato del consiglio dei medici di ricoverare Diego in ospedale dopo l’intervento chirurgico per ematoma subdurale: «Fu Luque ad assicurarci che in casa avrebbe avuto le stesse cure dell’ospedale. Ma Diego dormiva in una stanza dei giochi con le finestre chiuse, una porta che non arrivava al pavimento, in stanza una sedia con un water, come quella dei neonati». Ojeda ha raccontato di aver visto Maradona l’ultima volta due giorni prima della morte: «Gli dissi di farsi una doccia, puzzava, non era nelle condizioni giuste per vedere nostro figlio. Era sfigurato, le mani gonfie, il ventre gonfio. Nella stanza era forte l’odore di urina, feci e tutto il resto». L’ex moglie fa riferimento anche a tutti gli effetti personali scomparsi dopo il decesso: «Diego mi aveva parlato di un magazzino dove erano conservati. Non gli ho creduto, pensavo fossero a Dubai. Invece erano lì e dopo la morte trovai solo scatole vuote». Il processo è partito quasi un mese fa e si concluderà solo in estate con oltre 120 testimoni previsti e due udienze a settimana. Oltre al medico Leopoldo Luque, i sette imputati in totale – tutti i membri dell’equipe medica – si dovranno difendere dall’accusa di «omicidio colposo con dolo eventuale». Rischiano fino a 25 anni di carcere. L’ottavo, l’infermiera Dahiana Madrid, ha richiesto un processo con giuria che partirà solo a luglio.
Fonte: CdS