Lele Adani a IL MATTINO: “Lukaku ha segnato 11 gol. In serie A lui fa ancora la differenza”

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L’ex calciatore, commentatore Rai, ed opinionista, Lele Adani, ha parlato in un’intervista a Il Mattino, dove fra le altre cose sottolinea il suo pensiero sul Napoli, ma anche su Maradona.

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L’adorazione per Diego Maradona e il turbamento per le foto-choc, l’esaltazione del lavoro di Conte e la previsione condivisa del suo amico Cassano: «Se a marzo ti trovi Antonio attaccato, difficile che te lo togli di dosso». Lele Adani, il commentatore Rai e ospite fisso alla Domenica Sportiva, si definisce “lupo”. Perché «come Conte nessuno mi può addomesticare o dirmi quello che devo fare».
Adani, Conte l’osso non lo molla?
«No, non lo molla. E non lo mollerà. E glielo impone la sua cultura del lavoro che è veicolata verso il raggiungimento del massimo: lui deve sempre tirare fuori tutto e di più dal potenziale che ha, perché lui vuole sempre andare oltre».
Ed è andato oltre?
«Lo ha fatto dal momento in cui è andato via Kvaratskhelia. Certo, non era più quello del primo anno con Spalletti ma era totalmente connesso alle aspettative, aveva tolto qualcosa da se stesso per inserirsi meglio nel collettivo, in grado di fare la differenza in una fase della stagione, quella finale, in cui servono la qualità dei singoli, i colpi individuali. Ma Amtonio va sempre oltre, lui vive per andare oltre: allena tante situazioni, premia la meritocrazia. Ha avuto i problemi e ha rimesso le cose a posto, con Neres, poi con Raspadori».
Il suo amico Cassano, nelle vostre live a Viva el futbol, dice che lo scudetto lo vince l’Inter, però.
«Lo fa perché in questa maniera dà la responsabilità dell’eventuale insuccesso all’Inter ed esalterebbe all’ennesima potenza l’impresa del Napoli.
Perché di un’impresa si tratterebbe. L’Inter è più forte e attrezzata, è evidente ma anche Cassano lo ha detto: “se a marzo ti trovi Conte attaccato, diventa dura togliertelo di dosso”».
Chi ha spinto Adani ad andare oltre?
«Non solo sotto l’aspetto tecnico e tattico ma è stato Silvio Baldini: avevo 23 anni e a Brescia mi ha cambiato la visione della vita. Silvio e Antonio sono amici, siamo stati insieme a vedere gli allenamenti del Siena e della Juventus».
Sabato l’Inter va a Parma e lunedì il Napoli a Bologna. Cosa può dirci la prossima settimana?
«Quando mancano così poche giornate, il calendario inizia ad avere un peso. Bologna e Italiano possono dire tanto, perché il Napoli affronta una formazione che ha ritmo dentro la qualità di gioco, una forte idea: ecco sarebbe una grande prova di forza non perdere al Dall’Ara, che però non spaventerebbe l’Inter».
Ha visto le immagini-choc del corpo senza vita di Maradona?
«Da quando è morto, non c’è giorno che io non pensi a Diego. Io davanti a quelle foto non so se soffrire o arrabbiarmi ancora di più. Certamente ho la sensazione di ingiustizia elevata a ennesima potenza: prego perché vorrei che venisse fatta giustizia e che alla fine la verità su come e perché è morto così venisse alla luce. Una giustizia che nella vita non ha mai avuto».
Lei sa bene che Napoli vive ancora nel nome di D10S.
«Lo so perfettamente. Conosco la forza mistica, quell’amore che genera la voglia di impresa. Lo stadio con il suo nome, la statua all’ingresso del campo. Maradona sposta gli equilibri ancora adesso. E poi dalla sua morte, quando cerchi Maradona lo trovi o in un palla di calcio al murales ai Quartieri Spagnoli, il vero santuario».
La pelota no se mancha…
«Che frase straordinaria, la più bella di tutte. “Io ho sbagliato e ho pagato”, ha detto. Ma il pallone non si macchia. E lui quando ha detto questa frase ha mostrato il più alto senso di rispetto per il calcio, da uomo più influente: autocritica, ma anche atto di amore puro. E tutti noi aspettiamo ancor giustizia».
Lukaku ha raggiunto quota 400 gol.
«Facevamo un giochino questa estate su chi sarebbe stato il bomber più influente del nostro campionato. E io ho detto Lukaku: ha segnato 11 gol in serie A lui fa ancora la differenza. E la fa anche se non è al 100 per cento».
Il calcio oggi mediaticamente, è diventato più noioso?
«Nella mediaticità è inflazionato. Nel senso che c’è di tutto. Ma la competenza, l’analisi del dettaglio non è per tutti, in pochi aggiungono qualcosa».
Lei si è pentito di non aver fatto l’allenatore?
«Io sono solo all’inizio della mia strada come comunicatore. Mi diverte. E la mia credibilità deriva dal fatto che sono obiettivo. Io sono come un lupo che non riesci ad addomesticare. Il lupo è magari meno forte del leone o della tigre ma non va al circo. Ecco, anche Conte è un lupo».
Non è che si offende?
«Ma no, anzi. Non è ruffiano, cerca con il lavoro e con il merito di elevare se stesso, va controcorrente senza parole, non ha paura di essere solo: nel suo essere capopoolo vive la città come vuole lui. Gli piace mescolarsi ma non farebbe mai una cosa che tolga tempo al suo lavoro. Per lui la ricerca della vittoria è una forma di merito: non vuole un regalo, non lo cerca. Cerca il massimo della sfida, nella celebrazione del lavoro».
Dice che lo scudetto, ma già il secondo posto, sono un miracolo.
«Vincere il campionato sarebbe un’impresa sportiva memorabile come è stata quella di Spalletti: con Luciano si è toccato il cielo, poi si è caduti giù e ora si può tornare in cielo dopo aver perso i migliori, Osimhen e Kvara, mettendo un senso di collettivo dentro il rilancio».
Questo Napoli ha la garra charrua?
«È l’artiglio che graffia degli indios. Lasciamolo agli uruguagi, lo conoscono solo loro. La rabbia con cui i nativi si difesero dagli invasori. Però ci sono delle forme di lotta, di grinta, di superamento di se stessi, degli avversari, delle ingiustizie, che possono andar bene anche per questa squadra».
Se lo immagina altrove Conte a fine stagione?
«Conte è allenatore del Napoli, un guerriero focalizzato sul Napoli: capisco che il fantacalcio serva, ma non penso proprio che possa lasciare un progetto come quello che ha appena iniziato».
Il blocco Napoli ha salvato la faccia a Spalletti?
«Di quei ragazzi mi colpisce la serietà: sono cinque persone vere. Li stimo tutti, non mi sorprende che nei momenti di difficoltà siano usciti fuori proprio loro».
Arriva la Norvegia: ai Mondiali ci andremo?
«Abbiamo dei percorsi fallimentari alle spalle, pensiamo a questi senza vivere di luce riflessa per quello che siamo stati e abbiamo vinto. Ma alla fine, ai Mondiali ci andremo, basta iniziare con il piede giusto».
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