Corrado Ferlaino a Il Mattino: “Ci vedevamo spesso, Diego e io, e spesso c’era qualcosa da festeggiare”
L’ex presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, ha parlato in un’intervista a Il Mattino.
«Soprattutto champagne, la bottiglia di Veuve Clicquot a tavola con lui non mancava mai. Ci vedevamo spesso, Diego e io, e spesso c’era qualcosa da festeggiare».
«Vincevamo, eccome se vincevamo. E non c’era vittoria che non prevedesse la celebrazione che meritava».
«La parola d’ordine era Moet&Chandon: tra quello che i ragazzi si spruzzavano addosso per buon augurio, e quello che bevevano, se ne andavano decine di bottiglie».
«Giusto così, faceva parte del gioco e a noi piaceva stare al gioco».
«Grande amico del Napoli, celebrò lo scudetto del 1987 nel nostro spogliatoio, continuava a trasmettere in diretta mentre Maradona lo inondava di champagne, una telecronaca di festa, mai vista una roba simile, alla fine, ve lo ricordate? passò il microfono a Diego Armando e le interviste ai ragazzi le fece fare a lui».
«Se non era champagne era Sauvignon».
«Certo. Il binomio con le ostriche piaceva molto a tutti e due. Ora l’accostamento potrà sembrare improprio ma l’alternativa erano gli spaghetti aglio, olio e peperoncino con una spolverata di pane fritto e grattugiato».
«Vino bianco. Amo i francesi, tra quelli da meditazione trovo irresistibile il Sauternes, poi il Pouilly Fumé de Ladoucette, prodotto con una selezione di uve Sauvignon scelte con cura dai vignaioli della famosa maison: per pasteggiare è l’ideale, mia moglie Roberta è una vera appassionata».
«Di amici ne ho avuti tanti e ne ho ancora tanti. Un calice di vino scandisce la convivialità: come si può immaginare una cena, ma anche un pranzo, senza aprire una bottiglia?».
«Ricordo le cene milanesi con Gino Palumbo, secondo me uno tra i più grandi innovatori del giornalismo sportivo. Lavorava al Corriere della Sera, i suoi colleghi dicevano che aveva trasferito l’estro e la genialità napoletana nelle pagine del maggiore quotidiano del paese».
«Andavamo al “Santa Lucia”, in via San Pietro all’Orto, ristorante storico, fu tra i primi, se non il primo, a portare la pizza e la cucina napoletana a Milano, lo frequentava persino Gabriele D’Annunzio».
«In realtà era uno dei pochi locali a chiudere tardi. Gli orari di Gino d’altronde erano quelli dei giornalisti, a tavola prima delle 22 non era possibile sedersi».
«Appunto. Giornalisti e attori. Il Santa Lucia ci mise poco a diventare un ritrovo post palcoscenico frequentato da personaggi come Joséphine Baker, Yves Montand, Totò, Eduardo De Filippo, Marcello Mastroianni. C’era un’atmosfera straordinaria».
«Palumbo era un buon bevitore, moderato ma di qualità. Quel ristorante disponeva di una discreta varietà di vini campani che ovviamente noi preferivamo ai lombardi. E allora Falanghina, Fiano ma anche Aglianico e Taurasi se mangiavamo carne».
«Beh, è chiaro che in alcune circostanze non se ne può fare a meno».
«Le cene nel Chianti con Luciano Moggi quando era direttore sportivo del Napoli. Andavo a trovarlo spesso in Toscana, credo che per il vino sia una delle più importanti regioni italiane».
«Brunello di Montalcino, vino nobile di Montepulciano, Chianti, e poi i famosi “Supertuscan” nella zona di Bolgheri».
«Un Piedirosso formidabile che mi offriva Ciriaco De Mita ogni volta che andavo a casa sua, l’ho cercato ovunque, mai più trovato».