L’intervista – Il grande doppio ex argentino Bertoni: “Non capisco perché Jack stia in panchina, ha qualità e può giocare con Lukaku”

«Raspadori ha il tocco magico»

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Arriverà con un sorriso al traguardo dei 70 anni il 14 marzo. «Ho avuto tanto dalla vita e dal calcio», dice Daniel Bertoni, campione del mondo con l’Argentina nel ‘78, bandiera della Fiorentina e del Napoli. «Compagno di Maradona nei suoi primi due anni a Napoli, andai via nell’86 e dodici mesi dopo lui trascinò la squadra allo scudetto. A pensarci bene: ho vinto nella mia carriera, anche la Coppa del mondo, però io e lo scudetto ci siamo evitati».

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In che senso?«Finale del campionato ‘81-‘82, giocavo nella Fiorentina. Stagione indimenticabile. All’ultima giornata eravamo in corsa con la Juve per lo scudetto. Noi pareggiamo a Cagliari, con un gol di Graziani incredibilmente annullato. Loro vincono a Catanzaro con un rigore discutibile segnato da Brady. Juve 46 punti, Fiorentina 45: a Firenze dicono che quello era il terzo scudetto. Decido di andare via dalla Fiorentina, c’era l’offerta del Verona ma voglio giocare con Maradona e vado a Napoli. Il Verona vinse quell’anno il suo primo e unico scudetto».

 

Rimpianti?«Ma no. A Napoli ho vissuto due anni splendidi, come i quattro a Firenze. Due amori puri. E così, quando arriva questa partita, il cuore è sempre diviso a metà. Nei prossimi mesi voglio tornare a Napoli, manco da un po’. È una città che ti ruba l’occhio. E, appunto, il cuore».

Una partita da altissima classifica.«Finalmente. Lo meritano i due club e le due tifoserie. Il Napoli è l’anti Inter e l’anti Atalanta. La squadra di Gasperini va presa in considerazione per lo scudetto: ha qualità, è solida, ben diretta. I margini di errore devono essere minimi a questo punto della stagione: ogni partita diventa una finale».

Fiorentina-Napoli, appunto.«Scontro diretto per la Champions, sfida apertissima tra due squadre che hanno bisogno di vincere per coltivare le loro legittime ambizioni. Faccia attenzione il Napoli alla squadra di Palladino, allenatore giovane e con idee chiare, in particolare al gioco sulle fasce. L’esplosione di Kean è merito del calciatore e anche della fiducia che gli ha dato il tecnico, facendolo sentire al centro del progetto: è un altro rispetto alla Juve, dove si notava che era nervoso perché si sentiva sotto esame».

Kean ha 24 anni come Raspadori. Ma Kean ha fatto 11 gol e Raspadori appena 1, quello della vittoria sul Venezia.«Perché Raspadori non gioca? Lo chiedo io a lei».

Perché Conte dovrebbe cambiare modulo o uomini.«Mi sorprende vedere in panchina un attaccante con questa qualità: ha la magia nei piedi e in un calcio molto fisico come quello di oggi può fare la differenza».

Giocando al fianco di Lukaku?«Anche, certo. Ho seguito bene Romelu ai tempi dell’Inter, quando formava una coppia strepitosa accanto a Lautaro. Con il suo fisico possente e la sua esperienza può fare grandi cose nel Napoli di Conte».

Fino a che punto un allenatore può cambiare la mentalità di una squadra?«Un vincente come Conte è in grado di migliorarla. Ha sempre centrato risultati importanti e sta procedendo su questa linea a Napoli. Dove c’è anche un mio ex compagno, Lele Oriali. Ci ritrovammo proprio a Firenze dopo le tante sfide con l’Inter e l’Italia. In campo il suo lavoro era prezioso come adesso nello spogliatoio: forma un grande tandem con Conte».

Eppure, il Napoli ha momenti di sofferenza: domenica scorsa lo ha spinto il tifo dello stadio alla vittoria.«Io quello stadio e quella passione li ho conosciuti. Ma sono i calciatori a vincere le partite, la carica del pubblico non può mai bastare da sola».

I suoi ricordi di Fiorentina-Napoli?«Un gol al Napoli e un assist per Maradona quarant’anni fa, nel gelo di Firenze: lancio da destra a sinistra, lui stoppa di petto e tira di sinistro, beffa Galli prendendo l’angolo come avrebbe fatto un anno dopo al Mondiale in Messico».

La sorprende, a quattro anni dalla sua morte, l’amore di Napoli per Diego?«No. Perché non ha solo giocato e vinto partite a Napoli. Ha regalato alla città il primo scudetto, che con lui ha avuto un altro sapore. Ha scritto la storia. Impossibile dimenticarlo».

Firenze e Napoli hanno una sola squadra: è questo a determinare l’accesa passione del tifo?«Squadre come Juve, Inter e Milan hanno tifosi dovunque, non soltanto a Torino e Milano. Per Fiorentina e Napoli è diverso, la concentrazione più forte è in due città e in due regioni meravigliose».

I suoi nipoti per chi tifano?”Benjamin per il River e l’Inter, squadre in cui il nonno non ha giocato. L’altro per la Fiorentina: si chiama Dante, come l’Alighieri, capirete».

 

Fonte: Il Mattino

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