Guida sulla violenza sugli arbitri: “Il sistema calcio deve trovare le armi per battere questo fenomeno”
Avrei preferito parlare di altro». Perché essere il rappresentante degli arbitri in attività comporta più oneri che onori. La vicenda che non ha precedenti, lo sciopero di un’intera regione dal designare arbitri per le partite del week end, trova l’appoggio di tutta l’AIA. Anche di quella CAN che spesso viene vista come distante dalle faccende dell’Associazione, ma questa volta non è così. Lo conferma Marco Guida, 43 anni, internazionale che parla da arbitro ma con il cuore di papà (ha tre figli, due bambine di 10 e 7 anni, e un maschietto di due anni e mezzo). Perché in questa vicenda, la parola che deve far riflettere è paura.
Guida, siamo ancora qui a parlare di violenza sugli arbitri.
«Speravo di parlare d’altro. Ma bisogna farlo perché è uno dei modi per arrivare a combattere questo fenomeno. Da papà, capisco i genitori, la paura per il proprio figlio o per la propria figlia che vuole inseguire una passione».
Un modo per uscirne deve esserci.
«Va combattuto a livello sistemico, è il sistema calcio che deve trovare, insieme, le armi per battere un fenomeno odioso come questo».
Sciopero nel Lazio, fermate tutte le partite.
«Hanno tutta la solidarietà del mondo dell’AIA, oggi ancora di più. E voglio dire a tutti quei ragazzi che, ovunque, si trovano alle prese con una violenza perpetrata ai loro danni, che la CAN, tutta la CAN, è al loro fianco e a fianco del CRA Lazio».
Anche voi avete scelto i gesti, oltre alle parole.
«Scenderemo in campo con questo segno nero sotto gli occhi, la testimonianza della vicinanza degli arbitri di vertice alla base. Non sono soli».
Le è mai capitato di essere oggetto di violenza?
«Rischiai uno schiaffo, Eccellenza campana, a Saviano. Ma in quell’occasione, uno dei miei due assistenti fu colpito da un calco in pancia, lo portammo in ospedale per problemi alla milza».
Come l’ha superata, dove ha trovato la forza per tornare in campo la domenica successiva?
«Pensando che quell’episodio era figlio dell’ignoranza e l’ignoranza non poteva fermare la mia passione».
L’AIA promuove un progetto, vi manda nelle scuole, a lezione di regole e legalità.
«Perché le regole andrebbero rispettate in generale, non solo in campo». Cosa si può fare?
«Non si può rischiare la vita per una passione, serve l’impegno di tutti, media compresi, nel veicolare messaggi che non portino violenza».