In Inghilterra, i capitani vengono chiamati skipper: guidare una squadra è come timonare un’imbarcazione. Figurarsi la propria nazionale. La fascia al braccio dà gloria e responsabilità. La predestinazione di Conte non era difficile da intuire (in campo era già un leader, un organizzatore). Scrive Il Mattino.
Normale, dunque, che attorno a sé non possano che esserci figure di spessore, piene zeppe di personalità. Eccoli: altri capitani. Come lui.
E nessuno intende ammainare la bandiera, tirarsi indietro. Anzi, stanno tutti in prima linea, cercando la strada per riportare in alto la squadra azzurra dopo il disastroso decimo posto della passata stagione. Non solo Di Lorenzo, dunque: ci sono un bel po’ di capitani senza fascia oltre al capitano non giocatore che è Lele Oriali.
La fascia a Di Lorenzo non si discute: neppure dopo lo sbandamento estivo c’è stato qualcuno che l’ha messa in discussione, nessuno che ha tentato il golpe per strapparla dal braccio. Di Lorenzo non verrà mai degradato e intanto convive con il gruppo dei saggi, dei capitani coraggiosi. Prendete Rrhamani: ha preferito la sconfitta a tavolino del suo Kosovo contro la Romania, piuttosto che accettare quelli che riteneva insopportabili insulti politici dalla curva rumena.
Si sa, i paesi balcanici sono delle polveriere dove è difficile potersi muovere con sicurezza. Ma Rrhamani, l’altra notte, ha ordinato la “ritirata” della sua nazionale. E ieri è arrivata la sconfitta per 0-3 a tavolino da parte dell’Uefa.