Ha portato il fuorigioco in Italia come sistema di gioco, ‘O Lione, Vinicio. Lo racconta oggi La Gazzetta. Era andato per una vacanza in Brasile e si era accorto che molte squadre mettevano deliberatamente gli avversari in fuorigioco. Anche dieci-quindici volte a partita. Rischiando qualcosa, ma al contempo mandando in tilt le azioni offensive degli avversari. “Lo scopo principale è quello di accorciare le distanze tra i miei difensori e di far manovrare la squadra nel minimo spazio. La base di tutto è attaccare l’avversario che ha la palla ovunque si trovi, in modo da costringerlo al passaggio. E mentre l’attaccante scatta i nostri difensori si fermano o, meglio, avanzano”. Basta ciò per mettere in evidenza la sua modernità, 50 anni fa. Era l’inizio di novembre del 1974 e il suo Napoli era un laboratorio di idee nuove. ‘O Lione stava infatti provando a far giocare la sua squadra con la tattica del fuorigioco. L’uomo chiave, il direttore d’orchestra fu Burgnich che agiva alle spalle della linea dei difensori. Libero dall’obbligo della marcatura, il difensore scoprì di avere tempi di gioco innati, tali da consentirgli di riproporsi nella sua avventura napoletana come un giocatore moderno. Inizialmente faticò a intercettare le frequenze del fuorigioco che gli chiedeva di attuare Vinicio, ma poi – di quella tattica – ne divenne il miglior alfiere.