Antonio Giordano scrive così su La Gazzetta dello Sport:
“La sera del 29 settembre, dopo la vittoria del Napoli sul Monza, quando una luce nuova – anzi, vecchia – ne ha illuminato il volto, Adl ha riscoperto la dimensione favolistica del calcio, s’è goduto il primo posto in classifica e poi, tacendo ma non troppo, ha evocato il sogno con uno di quei messaggi che si possono definire subliminali: certe cose, meglio non sussurrarle, o farlo a modo suo, ed avendo scelto un profilo basso per starsene all’ombra di Antonio Conte, l’ha buttata lì, con nonchalance.
Erano 483 giorni che era sceso da lassù – 4 giugno 2023, come dimenticarlo?, la sera dei festeggiamenti per lo scudetto – ed aver riassaporato la magia d’un momento l’ha autorizzato semplicemente a infilare uno smile nello smartphone.
Poi, è rientrato in se stesso, nel Dela contemporaneo, e ha continuato (ma assai teoricamente) a guardare il Napoli dal buco della serratura: a Castel Volturno ci va il giusto, le chiavi del Centro Sportivo sono state consegnate a Giovanni Manna, il ds, e ad Antonio Conte, il garante di una rifondazione tout court, anche mediatica, l’unico attore protagonista che parla, allude (“ccà nisciuno è fesso“), controprovoca (“poi ci sono i furbetti che vogliono metterci pressione”), elabora strategie (la difesa a quattro, ma no a tre o a cinque, e davanti il tridente con McTominay) e occupa un palcoscenico dal quale De Laurentiis è sceso”.