Il Cristo Velato, un drappo che non nasconde il dolore!
Il viaggio alla scoperta delle meraviglie custodite nel centro storico di Napoli continua. Tra esoterismo e credenze popolari andiamo alla scoperta di Cappella Sansevero. La Cappella Sansevero (detta anche chiesa di Santa Maria della Pietà o Pietatella) è tra i più importanti musei di Napoli. Situata nelle vicinanze della Piazza San Domenico Maggiore, questa chiesa, oggi sconsacrata, è attigua al palazzo di famiglia dei principi di Sansevero. Qui, bellezza e mistero s’intrecciano creando un’atmosfera unica, quasi fuori dal tempo. All’ interno della cappella è custodito il celebre Cristo Velato, la cui immagine ha fatto il giro del mondo per la prodigiosa “tessitura” del velo marmoreo. L’opera rappresenta il Cristo morto, a grandezza naturale, sdraiato su un materasso di marmo, ricoperto da un velo, appunto, realizzato dallo stesso blocco della statua, che copre il corpo senza celarlo. La maestria dello scultore, Giuseppe Sanmartino, sta proprio nella realizzazione del velo che lascia intravedere i segni del martirio subito, trasmettendo e, anzi esaltandone, il dolore e la sofferenza. Nell’ osservare la scultura si resta senza fiato, sembra quasi che il velo scolpito sia realmente poggiato sulla statua, rendendola umana, ti viene la tentazione di volerlo alzare, quel drappo, in modo da alleviare il dolore del Cristo… In più, oltre a questa ormai celeberrima raffigurazione, nella Cavea sotterranea sono oggi conservate, all’interno di due teche, le famose Macchine anatomiche, o Studi anatomici, ossia gli scheletri di un uomo e di una donna in posizione eretta, con il sistema arterovenoso quasi perfettamente integro. Le Macchine furono realizzate dal medico palermitano Giuseppe Salerno e alcune fonti settecentesche, poste di recente in evidenza, attestano che la macchina anatomica maschile fu acquistata nel 1756 dal principe Raimondo di Sangro, in seguito a una esibizione pubblica che l’anatomopatologo siciliano tenne a Napoli. Il nobile, inoltre, prese Salerno a lavorare con sé, assegnandogli una cospicua pensione annua, e gli commissionò la realizzazione dell’altra macchina anatomica. No, non si può visitare Napoli senza “perdersi” in quel velo e nella perfezione di quegli studi di anatomia…
Ludovica Raja