La penna di Mimmo Carratelli delinea i venti anni dell’ imprenditore romano, Aurelio De Laurentiis alla guida della SSCN:
“Aurelio De Laurentiis da vent’anni è il Napoli. Alle 18,40 del 6 settembre 2004, un lunedì, prende il Napoli a una città incapace di riscattare un club fallito. Versa 32,1 milioni di euro alla curatela fallimentare e gli danno un pezzo di carta. È tutto quello che resta del Napoli, neanche un ufficio, un giocatore, un pallone, un campo d’allenamento. Ma è l’affare della sua vita. […] Aurelio ci crede e ci scommette. In capo a pochi anni, cominciando dalla serie C, conquistando la serie A e dilagando in Europa, il calcio gli rende il 90 per cento rispetto al 10 per cento del cinema. Sono rare le annate in cui chiude il bilancio del Napoli in passivo. […] Comprando e vendendo, De Laurentiis vince uno scudetto, tre Coppe Italia, una Supercoppa italiana, partecipa nove volte alla Champions e otto all’Europa League. Viene inserito nella galleria dei maggiori presidenti del Napoli dopo Ascarelli, Lauro, Fiore, Ferlaino. […] Il calcio ha reso popolare Aurelio facendolo passare, da dietro la cinepresa, davanti alle telecamere. E’ esploso. Si è fatta una corazza di antipatia litigando con tutti, fedele alla personalissima massima io sono io e voi non siete un cazzo. […] Un sognatore con un cassetto pieno di sogni che restano nel cassetto. Un conversatore robusto, facondo, fluviale con un linguaggio alto e basso di marca hollywoodiana con picchi da osteria romana. E una idea fissa: «Non vendo il Napoli neanche a uno sceicco» […] Il Napoli vola e stravince lo scudetto. Aurelio gongola, ha dimezzato lo svantaggio su Ferlaino. Nel trionfo perde la testa e perde Spalletti. Inscena allo stadio un kolossal di luci, suoni e balli, attore unico e protagonista Aurelio De Laurentiis, la sua barba, il suo microfono. Lo scudetto è l’affermazione definitiva dell’io sono io e voi non siete un cazzo. Giunto al culmine del successo, ne evita le vertigini e ne fa una conquista personale travestendosi da onnipotente del pallone. Ma precipita dall’alto del suo cielo incappando, l’anno dopo, nel tracollo della sua irresistibile spocchia. […] Dal baratro di un decimo posto che cancella scudetto, entusiasmo, simpatie e solidarietà di circostanza, e cancella lui stesso, Aurelio che fa tutto lui, prima di precipitare afferra Antonio Conte e si salva. Ha imparato la lezione. Rinuncia alla passerella tra i tifosi, scompare dalle conferenze-stampa, si defila e lascia il Napoli e il calcio a chi sa di calcio concedendosi una sola sciccheria personale, la presentazione di Conte a Palazzo Reale. L’ultimo guizzo dell’ultimo Borbone, Aurelio De Laurentiis re di Napoli e, in fin dei conti, un estroverso birbante del pallone.”