Napoli estate – Gli ultimi acuti di Diego. Più sofferto del primo, ma che sfizio il secondo scudetto

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Avercelo sempre un canto del cigno così. Fu l’ultima di Diego, nell’anno delle notti magiche dei Mondiali italiani. L’anno della frattura irrecuperabile tra il dio del calcio e l’Italia lontana da Napoli. E fu l’apoteosi conclusiva del ciclo Maradona nell’era del presidente Ferlaino: un ottavo posto, un terzo posto, due secondi posti, due scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa Italia. Era un vincente Napoli europeo. Nel botto finale, lo scudetto conquistato nell’aprile del 1990, Diego fu protagonista di una delle sue migliori stagioni napoletane: 28 presenze e 16 gol, per un totale di 107 reti segnate in maglia azzurra, solo due in meno di Attila Sallustro. «E due!» fu il titolo in prima pagina del «Mattino», con un rigo a commento: «Più sofferto, ma che sfizio». Sofferto, dopo due campionati precedenti chiusi al secondo posto, prima dietro il Milan e poi dietro l’Inter. Poi, anche per le polemiche sui due punti a tavolino ottenuti a Bergamo, dove Ricardo Alemao, il brasiliano arrivato quell’anno dall’Atletico Madrid, fu colpito da una monetina nella partita contro l’Atalanta.

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Le premesse

 

Ma sofferto anche per il prologo dell’ultimo campionato giocato per intero da Diego. Nell’estate del 1989, il rientro in ritardo di Maradona dall’Argentina, giustificato da «timori per la sicurezza della sua famiglia». Dopo l’arrivo a Napoli, l’interrogatorio in Procura su quei «timori», su cui, anni dopo, Diego ricordò la telefonata di Carmine Giuliano, uno dei fratelli della famiglia camorristica di Forcella, che lo chiamò in Argentina e gli disse: «Stai tranquillo, torna, nessuno farà del male alle tue figlie. Se la vedrebbe con me e i miei fratelli». Cupi sentori di un ciclo avviato alla fine, che in quel 1990 ottenne la sua ciliegina su una succulenta torta di successi: il secondo scudetto. Quella domenica sera, la festa della squadra con invitati selezionati si tenne a bordo di una motonave della società armatrice Lauro. Partenza da Pozzuoli, rotta sulle isole, musica, champagne, balli. Erano sette i calciatori in rosa, vincitori anche del primo scudetto nel 1987: Maradona, Ferrara, Renica, De Napoli, Carnevale, Bigliardi, Di Fusco. Anche per il direttore del «Mattino» Pasquale Nonno fu il bis, alla guida del giornale già nel 1987 in un periodo d’oro per le vendite, legate anche ai successi del Napoli di Maradona.

 

In quel 1990, succedendo a Romoletto Acampora, era Mimmo Carratelli il responsabile delle pagine sportive. La sua rubrica «La domenica» era un condensato di ironia, come suo solito. Sulla festa a bordo della motonave, scrisse: «Una cronaca precisa dell’Evento non è possibile. Cronisti audaci e decisi sono stati risucchiati dalla baldoria. Si sarebbero dovuti mandare altri cronisti che raccontassero almeno le vicende dei primi». La domenica del secondo scudetto fu sigillata in campo da un colpo di testa di Marco Baroni, oggi apprezzato allenatore, che liquidò la Lazio.

 

La festa

 

Fu la replica di tre anni prima. E fu festa anche dei napoletani a Milano, Roma e Torino. Le cronache sportive vennero seguite da colleghi come Adolfo Mollichelli, Adriano Cisternino, Ciccio Marolda, Fabrizio Failla, Toni Iavarone. Si pensò di chiedere un breve pezzo a Peppe Bruscolotti che, lasciato il calcio attivo, era stato invitato dai suoi ex compagni a far festa nello spogliatoio. E firmarono poche righe anche altri ex azzurri illustri, come Tarcisio Burgnich e Beppe Savoldi. Non era più il Napoli allenato da Ottavio Bianchi, in panchina c’era Albertino Bigon con direttore sportivo Luciano Moggi. E poi, come non ricordarlo, l’onnipresente addetto stampa Carletto Iuliano, giornalista dell’Ansa, sempre disponibile e senza mai un accenno di arroganza legato al suo ruolo. Nelle sette pagine dello Sport dedicate allo scudetto, anche la descrizione di un’immagine televisiva diventata poi un frame cult su Maradona: negli spogliatoi in festa, Diego strappa il microfono a Giampiero Galeazzi e inizia a intervistare i compagni. «Canti, balli e Dieguito s’improvvisa intervistatore» sintetizzava il titolo. Poi, poiché la storia del Napoli è stata sempre parte della storia della città, in quel numero del «Mattino» fu chiesto un commento al professore Giuseppe Galasso. «La città sta assai male ma è giusto far festa per un successo sportivo» diceva il titolo. Scriveva l’illustre storico: «Non sta scritto da nessuna parte che lo sport, comunque si stia combinati, non possa dare piacere e soddisfazione. Lo sport è una parte della nostra vita sociale e merita che si faccia un po’ di festa in più del necessario». L’ultima grande festa con Diego. Dopo i Mondiali dell’estate successiva, la caduta nel baratro e l’addio a Napoli. Solo un anno dopo quel «E due!»

 

Fonte Il Mattino

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