Tutto Conte, di Mimmo Carratelli: la terza puntata

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E il Signore indicò ad Antonio la strada dell’insegnamento del pallone perché fosse l’evangelista dell’area di rigore, il precettore del centrocampo e il predicatore dell’attacco, e Antonio sposò Elisabetta, la figlia dei vicini di casa, ed ebbe Vittoria, la figlia da tre punti, e principiando la calvizie il Signore gli dette un caschetto di capelli, e Antonio ringraziò il Signore e disse il look è importante, viviamo in una società dell’immagine, sono stato mezzo pelato, tutto pelato, e adesso ho i miei Serie Bcapelli nuovi con i quali convivo benissimo, e il Signore apprezzò la sincerità alopecica e il gradimento cosmetico di Antonio perché Antonio, perdendo i capelli a chiazze, come succede al pelo delle volpi, fu un uomo autentico dai piedi guerreschi sino alla cima dei nuovi capelli. E quando alla Juventus il goriziano Fabio Capello, con la mascella quadrata di Charles Bronson del Friuli, escluse Antonio dal magistero bianconero, il Signore allontanò Antonio da Torino e lo mise alla prova a Siena, ad Arezzo, a Bari e a Bergamo prima di riportarlo di là del Po e tra gli alberi bianconeri. E i geografi di vicoli e piazze narrano di Arezzo e della Piazza Grande di Arezzo dove le quattro contrade della città si sfidano a cavallo, e questa è detta la Giostra del Saracino, e il Signore diresse Antonio Conte nella Piazza Grande di Arezzo perché dalla furiosa Giostra del Saracino prendesse l’idea di una furiosa giostra del gol. E questo avvenne ad Arezzo quando Antonio schierò esterni molto alti, rapidi, bravi nell’uno contro uno, due centrocampisti, quattro attaccanti sempre in movimento e quattro difensori bloccati, e l’Arezzo attaccava in sei e difendeva in sei, ed era l’anno 2006, e Antonio rivelò al mondo il suo 4-2-4.
E i brasiliani di Rio de Janeiro, ai piedi del Corcovado, videro sulla cima il Cristo che aprì le braccia e a tutti sembrò che dicesse ma questo è il Brasile di Vicente Feola, il 4-2-4 del Brasile in Svezia cinquant’anni fa. E allora Antonio Conte disse ma c’erano Didì, Vavà e Pelé in quel Brasile ed è agghiacciante che io faccio il 4-2-4 ad Arezzo con Floro Flores, Andrea Ranocchia, Goretti, Martinetti e compagnia, e il Signore perdonò ad Antonio il peccato di superbia perché Egli aveva indicato ad Antonio la Giostra del Saracino.
E a Bari si narra di due eventi straordinari, e il primo evento fu di sessantadue marinai che andarono nell’Asia minore e portarono a Bari le ossa di san Nicola, che era un santo odoroso, e il secondo evento fu quando il Signore portò Antonio Conte sulla panchina della Bari, così nomata per suggestione di donna, e tutti dissero è arrivato l’uomo del Signore. E il Signore mandò altri due segni del futuro napoletano del primogenito di Cosimo e Ada. E l’ottavo segno fu Massimo Rastelli che chiamò Antonio per invitarlo ad allenare il Sorrento, ma Antonio disse di no. E il nono segno fu che il Signore mise accanto ad Antonio un napoletano di nobile cuore e arte sperimentata nella preparazione delle squadre, e l’uomo era Gian Piero Ventrone che aveva un nobile viso affilato, un naso dritto e aggraziato, i capelli folti e alti, e Antonio lo aveva conosciuto alla Juve, e ora il Signore portò Gian Piero Ventrone a Bari perché preparasse la squadra pugliese allenata da Antonio, e nacque un’amicizia profonda.
E in quel tempo di Bari, il primogenito di Cosimo e Ada ebbe una casa sul Mare Adriatico, a Palese, fuori città, e continuò a giocare senza Didì, Vavà e Pelé, ma con il congolese Kamata, il brasiliano Barreto, il ghanese Edusei e Davide Lanzafame torinese di fisico robusto affermò la primogenitura italiana del 4-2-4. E gli scribi annotarono che, a Pisa, anche lo scapellato Antonio Toma, leccese di Maglie, e il genovese Giampiero Ventura, allenatore di mare, giocavano con lo stesso modulo, e allora il Cristo del Corcovado rimase con le braccia spalancate per sempre.
E il Signore portò Antonio figlio di Cosimo e Ada e fratello di Gianluca e Daniele nella città di Bergamo e nella città di Bergamo il Signore mandò ripetuti segni del futuro napoletano di Antonio in età adulta. E a Bergamo accadde che l’Atalanta allenata da Antonio perdesse sul proprio campo contro il Napoli di Mazzarri, decimo segno del Signore, a cominciare dal settimo minuto quando Fabio Quagliarella di Castellamare di Stabia, undicesimo segno del Signore, si inventò uno dei suoi personalissimi tiri da trenta metri che sbalordì il portiere atalantino Ferdinando Coppola, napoletano, dodicesimo segno del Signore. E il giorno seguente, Antonio si dimise dall’Atalanta e il Signore approvò e per ricompensa il Signore stabilì che Fabio Quagliarella, dopo avere punito Antonio a Bergamo, andasse alla Juventus quando sarebbe stato il tempo per mettere a disposizione di Antonio i suoi personalissimi tiri”.

 

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Tutto Conte di Mimmo Carratelli 3 a puntata – continua

 

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