L’esito disastroso nei corrispondenti tornei, con prestazioni “scolorite”, tanto per rifarci al
degrado cromatico, è ciò che ha accomunato le due squadre Azzurre. Come nel Napoli, giunto
addirittura decimo, così nell’Italia sono venute meno le condizioni sufficienti e necessarie alla base
di prestazioni esteticamente e agonisticamente accattabili, fra cui: a) la condizione fisico-atletica; b)
quella mentale-caratteriale; c) quella tecnico-tattica; d) e, quella non retorica, del senso di
appartenenza. In comune c’era anche il trainer, che mesi prima aveva stravinto lo scudetto
divertendo già a metà campionato. Il Napoli non s’è ripetuto, l’allenatore solipsistico non s’è
ripetuto, come a voler dimostrare che la separazione abbia nuociuto al club partenopeo, nella
persona di ADL, a Spalletti e, in particolare ai tifosi napoletani. Nell’annata scudettata, l’allenatore
toscano è stato il principale elemento di coesione motivazionale per la squadra, e fra società e
ambiente, invece con l’Italia, operando qualche cervellotica scelta in fase di selezione (Di Lorenzo e
Raspadori, impresentabili), ne tiene fuori altri (Politicano, Orsolini, Colpani, etc…), ma sappiamo
che non era solo questioni di uomini. Col senno del poi, con più coraggio avrebbe potuto premiare
qualche diciasettenne campione d’Europa, per quanto non siano sui livelli di Lamine Yamal,
(Camarda, Mosconi etc…), garantendosi più dinamismo e, di sicuro, un ventata di fresco
entusiasmo in uno spogliatoio “floscio, spossato”. Se il Napoli spallettiano aveva un’identità di
gioco riconoscibile, all’Italia è mancata una precisa impronta tattica, per quanto il tempo sia stato
tiranno. Troppo brutto, per esser vero. Ma troppe volte ha variato assetto tattico e troppe volte con
interpreti diversi, posizionando calciatori fuori dai ruoli abituali, palesando confusione: la stessa
espressa dalle performance dei suoi giocatori nel grigiore totale. Tra l’altro, lui, il “toscanaccio”,
non ha percepito quanto i suoi convocati fossero scarichi nervosamente e fisicamente, interisti
compresi (eccezion fatta per Donnarumma). Nelle quattro partite giocate in Germania, l’effetto
nocivo della mancanza di condizioni sopra citate si è evidenziato con l’enorme distanza fra i reparti,
a parte il primo tempo giocato con l’Albania. Questo specifico aspetto è sovrapponibile a quello
avuto dal Napoli nella scorsa stagione dalla terza giornata in poi, cadendo in un loop da cui non s’è
mai ripreso. Un altro incrocio tra le due squadra Azzurre, è Conte, il quale, nel suo Europeo con
l’Italia uscì decorosamente contro la Germania ai calci di rigori, avendo una squadra tecnicamente
non proprio all’altezza delle migliori formazioni: Giaccherini, Zazza, Pellè, e Parolo, inventato
regista, ma con una grande difesa (Buffon e la “BBC”). Se Spalletti, sbagliando i conti, s’era
precluso di caratterizzare un ciclo vincente con il Napoli, il trainer leccese, senza il “fastidioso”
impegno infrasettimanale, ha ora la possibilità di aprirne uno nuovo, partendo dalla difesa: gli
acquisti di Rafa Marin, Spinazzola, Buongiorno, e di Hermoso (?) sono più di un indizio. Alla real
presentazione, Conte ha citato le statistiche dei gol subiti in casa, tralasciando quella del maggior
numero di tiri verso la porta e del maggior numero di calci d’angoli fatti registrare dal Napoli lo
scorso anno: tale rapporto statistico fra la fase difensiva e quella di attacco, ha evidenziato la
distanza fra i reparti, con la responsabilità maggiore del centrocampo, sbilanciato nella proiezione
offensiva e inerme in quella di interdizione, mettendo a nude le lacune tecniche dei difensori oltre le
loro specifiche colpe. La ricostruzione parte dal basso, come le fondamenta per l’edificazione di
uno stabile: i nuovi difensori, caratterizzati da una rilevante stazza fisica abbinata alla velocità,
congiuntamente alla durissima preparazione atletica, fanno presumere che per gli avversari, sarà
arduo penetrare tra le maglie azzurre, nel prossimo campionato. Ma Conte cura, in maniera
maniacale, anche profilo motivazionale-volitivo, iniziando dal rispetto di norme morali, ridefinendo
le regole comportamentali individuali e di gruppo e quelle di ordine alimentare, onde favorire
l’approccio mentale alla partita, a ogni partita, iniziando dagli allenamenti: “Se un pilota di
Formula1 corre a 120 km/h in allenamento, in gara non potrà arrivare ai trecento…” Ipse dixit. Il
carisma di Conte è stato certificato dalla gestione dei casi più spinosi (DiLo e Kvara) e, a
prescindere da Osimhen, che avrei già venduto l’anno scorso, ora s’intravede all’orizzonte un
Azzurro molto più “intensaMente” luminoso, a prescindere dalle dinamiche del calciomercato.
A cura di Maurizio Santietro