Si incontrarono trent’anni fa, quando Gian Piero Ventrone entrò con Marcello Lippi nello spogliatoio della Juventus. Arrivavano dal Napoli, li aveva voluti Luciano Moggi per il rilancio della squadra. Ventrone, il preparatore atletico soprannominato Marine per i suoi duri metodi di lavoro, rimase colpito da Antonio Conte, che sarebbe poi diventato il capitano bianconero. «Era uno di quei calciatori che piacevano tanto a papà per la capacità di andare oltre i limiti», racconta Ivan Ventrone, il figlio di Gian Piero, scomparso il 6 ottobre 2022, a 62 anni, per un male incurabile.
Conte pianse sulla panchina del Tottenham per l’amico e volle far piantare una quercia ai bordi del campo del centro sportivo per ricordarlo, come ha fatto tre giorni fa in occasione della presentazione a Palazzo Reale, sottolineando di aver appreso la cultura del lavoro da «quel figlio di Napoli».
UNA VITA INSIEME
Chiusa la carriera da calciatore, Conte decise di intraprendere subito quella da allenatore. Partì come vice di Gigi De Canio al Siena, poi l’esperienza ad Arezzo. «Papà, dopo aver lavorato dieci anni alla Juve, fu sempre vicino ad Antonio. “Ivan, questo è un fenomeno: diventerà uno degli allenatori più forti al mondo”, così mi diceva. Conte è stato sempre determinatissimo. “Se non arrivo al top entro cinque anni smetto”, le sue parole. Papà è stato con Antonio a Siena, Bari e Bergamo. Si ritrovarono al Tottenham, esperienza che ho vissuto più da vicino. Scrive Il Mattino.
Papà era riuscito a realizzare il sogno di lavorare con Conte e in un campionato prestigioso come la Premier. Li legava un’amicizia fraterna e la condivisione di un certo tipo di approccio al lavoro. Entrambi di forte personalità, a volte di scontravano. Ma durava un attimo: tutto finiva con un abbraccio», spiega Ivan, da poche settimane tornato a Napoli, dove la sua famiglia ha aperto il b&b “Gpv Suites”, le iniziali di Gian Piero. Scelto un luogo iconico, in un palazzo che si affaccia sulla Curva B dello stadio Maradona.
AL FIANCO DI ANTONIO
«Ho parlato con Conte il giorno prima della presentazione a Napoli. È bello che sia arrivato nella nostra città. Papà non sarà più fisicamente al suo fianco, però continuerà a spingerlo, a dargli forza in questa nuova esperienza di una grande carriera». Una carriera fatta di intuizioni tattiche e tecniche, ma soprattutto di lavoro duro, senza sconti verso se stesso e verso il suo gruppo. «Antonio come papà ha sempre avuto un unico obiettivo: la vittoria.
Che si raggiunge con l’impegno e la sofferenza: questo è stato il pilastro su cui mio padre ha costruito una carriera durata 35 anni». Dalle squadre dei quartieri al Napoli, alla grande Juve e al Tottenham, il club lasciato in silenzio pochi giorni prima dell’ultimo ricovero al Fatebenefratelli.
Conte era così legato a Gian Piero da volere tutta la squadra nella chiesa di via Petrarca per i funerali. Ed ecco perché il Napoli è stata anche una scelta di cuore, col ricordo di quel «figlio di Napoli» che ha accompagnato Antonio per tante stagioni. «Papà qualche volta gli aveva detto: “Dai, andiamo a casa mia”. Conte era affascinato dalla passione dei napoletani per il calcio». È quella che lui ha risvegliato appena ha firmato il contratto con De Laurentiis. E si vede anche dai particolari, come un murale dedicato al nuovo allenatore prima ancora che il suo Napoli faccia un allenamento. Antonio non vede l’ora di ricambiare l’affetto di tutti i figli di Napoli.