Marin si è avvicinato al calcio grazie a una caduta dalla bicicletta
Il giocatore ha avuto come maestro Raul nelle giovanili del Real
Il suo futuro è cambiato per colpa (o merito) di una caduta in bicicletta. Rafa Marin si è avvicinato allo sport così, alzandosi sui pedali grazie a uno dei primi regali di mamma e papà, che immaginavano per lui un domani da corridore. Magari alla Vuelta. Le cose hanno preso un’altra strada dopo un piccolo incidente, che ha portato mamma a dire “basta” al ciclismo e papà a convincersi che forse sarebbe stato meglio puntare su qualcosa di diverso. Alla fine, li ha messi d’accordo un pallone. E proprio il pallone sta portando Rafa al Napoli: la formula dovrebbe essere un prestito biennale con diritto di riscatto e controriscatto da parte del Real, che vuole comunque la possibilità di mantenere il controllo sul giocatore. Non sarà il primo innesto in difesa, ma a Manna e Conte il ragazzo piace, e per prenderlo hanno vinto la volata con il Milan.
Il percorso di Rafa
Rafa nasce il 19 maggio 2002 a Guadajoz, paesino di un migliaio di abitanti non lontano da Siviglia. Messa la bici nel garage inizia a divertirsi sui campetti dell’Andalusia e a un certo punto ad accorgersi della sua bravura è il Siviglia, che lo strappa al Centro Historico, squadra locale, offrendogli un contratto per il settore giovanile. È il 2014 e il difensore, centrale di fisico (1.91) e buona tecnica, diventa mese dopo mese uno dei fiori all’occhiello del vivaio. È il motivo per cui la sua permanenza in Andalusia dura poco, circa un paio d’anni. Il tempo necessario agli osservatori del Real per vederlo, valutarne i margini di crescita e portarlo a Valdebebas al momento giusto. Nel 2016, Marin entra a far parte della Cantera dei Blancos e inizia una nuova fase del suo percorso. Uno dei punti fermi dell’esperienza a Madrid è Raul, l’ex capitano dei Galacticos. È il tecnico che lo tira su nelle giovanili e a cui si affeziona: “Raul è sempre stato un idolo per tutti i tifosi del Real, per il suo ruolo di giocatore e per il modo di interpretare quel personaggio” le sue parole in un’intervista di qualche mese fa a Marca. “Mi ha trasmesso lo stesso come allenatore. Quel carattere, quella presa, quell’energia. Ogni giorno e in ogni allenamento, non importa se prima o dopo la partita. Voleva sempre il massimo, ciò ti porta a dare tutto“.
L’esordio in Liga
Con il Real la crescita procede senza intoppi. Il difensore spagnolo fa bene anche con i più grandi e dopo la classica trafila arriva al debutto nella squadra B, il Real Castilla. Da tempo nel giro delle selezioni giovanili della Spagna, fino all’Under 21, proprio agli inizi con la Roja si intreccia un’altra curiosità. Il nome di Marin è legato a un clamoroso gol segnato con la nazionale Under 18, in una vecchia amichevole contro il Portogallo. Se ne trovano diverse tracce in rete e sui social: prende palla dalla difesa, sale verso il centrocampo e poi sorprende il portiere avversario con una traiettoria pazzesca, da oltre 60 metri. In Spagna lo hanno definito “zambombazo”, qualcosa di simile a una cannonata. Giovanili a parte, il talento spagnolo non ha però mai indossato la maglia della prima squadra del Real (con cui ha un contratto fino al 2026) in gare ufficiali e ha passato l’ultima stagione in prestito all’Alaves, debuttando in Liga.
La svolta
Sotto la guida di Luis Garcia Plaza, Marin si è fatto spazio anche tra i grandi ed è diventato in poche settimane un titolare al Mendizorrotza, vivendo da protagonista un’annata positiva e chiusa con 35 presenze tra campionato e Coppa del Re e un buon decimo posto. È così che ha fatto parlare di sé pure oltre i confini, attirando le attenzioni di diversi club italiani, come Milan e Napoli. Quando sono arrivati per lui i primi complimenti si è definito “una spugna”, con riferimento alla voglia di imparare dai compagni per crescere anche in termini di esperienza. Nell’ultima stagione ha poi lavorato con un preparatore fisico e con un nutrizionista personale: “È un lavoro, diciamo così, invisibile, che la gente non vede. Alla fine, quando si torna a casa, siamo sempre calciatori e dobbiamo prenderci cura di noi. Per essere uno dei migliori e per poter raggiungere gli obiettivi che sogni di raggiungere, devi essere costante. Crederci e lavorare“. Concetti che somigliano a un tatuaggio fatto sulla gamba qualche mese fa: “No hay derrota en un corazon que lucha“, non c’è sconfitta in un cuore che lotta. Per le difese del Napoli è un’opzione di valore.
Fonte: Gazzetta dello Sport