Il metodo
C’è Giovanni Manna, giovane ma già assai scaltro direttore sportivo ad affiancarlo. Ma Antonio Conte è già il Napoli intero: su di lui sta fiorendo un’agiografia devota e il pericolo, semmai, è che gli venga caricato addosso un peso che sarebbe difficile da sopportare per chiunque. Ma non per lui. Che è proprio quello che vuole: è sorprendente la naturalezza con la quale Conte si è calato nella parte. I calciatori, nella stragrande maggioranza dei casi, già lo apprezzano sinceramente o addirittura ne sono rimasti stregati. Ha iniziato a martellare con le sue richieste i responsabili del centro tecnico di Castel Volturno: vuole una sala ristorante più attrezzata perché spesso le sedute saranno lunghissime, anche tre ore, e quindi ha bisogno che vengano allestiti spuntini e pranzo. È stato chiaro con quelli dello staff medico: anche nell’alimentazione vuole dare indicazioni precise. Ha colpito, con Oriali, che non gli sfugga alcun dettaglio e che anche il particolare più insignificante, gli stia a cuore. Ha già dato indicazioni anche sul tipo di terreno di gioco che vuole trovare il 9 agosto, quando il Napoli tornerà ad allenarsi nel centro tecnico, alla vigilia dell’esordio al Maradona in Coppa Italia. Al Napoli, la presunzione (che ha resistito tenacemente fino a poche settimane fa) si è sbriciolata dopo la fallimentare e storica (in negativo) stagione del post scudetto. Conte si è reso, rapidamente, conto di aver raccolto un gruppo con le orecchie basse, spaventato, fiaccato dalle delusioni. Ha già fatto un vorticoso giro di telefonate, tiene per sé ogni cosa, ma gli è chiaro tutto. Ha spiegato cosa ha in mente, perché quelli come lui hanno regole e manie, come tutti. Ha bisogno di una sala video attrezzatissima (ma lui è rimasto fondamentalmente colpito in positivo dal centro tecnico anche se non proprio modernissimo) perché spulcia meticolosamente i database che i suoi consulenti informatici gli preparano, analizza fotogramma per fotogramma i video delle partite e degli allenamenti. Ieri ha letto con distrazione il commento di Ibrahimovic: «Non abbiamo mai pensato a lui come allenatore, non era quello che cercavamo». Non è come la volpe e l’uva, in fondo è un complimento: perché lui, quando arriva in un posto, è qualsiasi cosa. Un manager totale. Al Milan, evidente, volevano solamente un allenatore ed è arrivato Fonseca. Cosa che Antonio Conte, a Napoli, in pochi giorni ha fatto rapidamente comprendere a tutti di non essere. Fonte: Il Mattino