La Procura aprirà un fascicolo sul ritrovamento del Pallone D’Oro di Diego

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La procedura di vendita è partita. La «Maison Aguttes» ha reso pubbliche le regole per presentare le offerte sul Pallone d’oro assegnato in premio a Maradona come miglior calciatore dei Mondiali del 1986, ricomparso dopo 35 anni quando tutti credevano fosse stato fuso. Per presentare un’offerta, 24 ore prima va versata una cauzione di 150mila euro. La base d’asta? Chiariscono alla «Aguttes», che vanta vendite record nel 2022 per 86.5 milioni di euro: «La stima verrà comunicata su richiesta».Ma come è arrivato il Pallone d’oro, custodito in una delle 2 cassette di sicurezza di Maradona tra le 60 rubate, il 26 ottobre 1989, nella Banca della Provincia di Napoli in via Duomo da 8 rapinatori affiliati al clan camorristico Misso? L’attuale proprietario, l’ex gioielliere franco-algerino Abdelhamid B., lo ha raccontato ieri a France Football e al Mattino, chiarendo che «la casa d’aste Tessier & Sarrou, dove comprai il Pallone per poche centinaia di euro, non ha voluto dirmi come ha avuto quell’oggetto». Nello stesso racconto, anche una circostanza smentita da Stefano Ceci, assistente di Maradona: «Al contrario di quanto è stato dichiarato, non abbiamo mai ricevuto negli anni scorsi telefonate per la restituzione del Pallone. Ho sempre saputo che il Pallone fu sciolto».

 

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La consulenza

 

La «Maison Aguttes» è certa dell’autenticità del Pallone, di cui fornisce le caratteristiche: altezza 28 centimetri, diametro 15,8, peso 4 chili. Prima di metterlo in vendita, l’8 marzo scorso la casa d’aste ha chiesto una perizia a una società specializzata in digitalizzazioni e repliche virtuali di oggetti, la dTwin, che è partita dalla foto di Maradona con il Pallone d’oro tra due bambini. Era la più chiara, tra quelle di allora. I tecnici hanno scansionato il negativo ad altissima risoluzione, ingrandendone i dettagli. Poi la comparazione con la foto, scattata dalla stessa angolazione, del Pallone d’oro in possesso dell’ex gioielliere. Il lavoro di analisi dei dettagli ha rilevato due imperfezioni di fabbricazione originaria, sovrapponibili nelle due foto: i motivi aztechi presentano un mancato allineamento in un punto impercettibile; c’è una microscopica bolla nera spessa un millimetro in una parte del pallone. Due elementi presenti nella foto del 1986 come in quella recente del 2024. Il 2 aprile, la relazione finale della consulenza, firmata da Bruno Rougier su incarico della «Aguttes», che ha poi avviato le procedure di vendita.

La ricettazione

 

Ma prima la «Aguttes» si è cautelata anche dai rischi di un’accusa di ricettazione. Attraverso ricerche in Rete, l’attuale proprietario si è reso conto che il Pallone d’oro venne rubato a Napoli. E ha voluto coprirsi le spalle con un legale. L’avvocato francese Marine Le Bihan gli ha messo per iscritto che, in Francia, chi acquista in buona fede un oggetto rubato non può essere perseguito per ricettazione trascorsi 3 anni dalla compravendita. In Italia, la prescrizione per ricettazione ha tempi più lunghi dei francesi: 8 anni, ma da tempo passati dalla data della famosa rapina. La Procura di Napoli sta valutando comunque la possibilità di aprire un fascicolo conoscitivo sulla vicenda, anche se l’ultimo acquisto certo, quello di Abdekhamid B, risale al 28 gennaio 2016 in Francia. Un reato solo ipotetico, su cui la magistratura italiana è incompetente. Diverso sarebbe il discorso di una richiesta di recupero del Pallone d’oro da parte di familiari e eredi di Maradona, che dovrebbe passare attraverso una confisca giudiziaria, con procedure di incerto esito giuridico. Ma c’è un ulteriore aspetto che riguarda gli inquirenti italiani: le dichiarazioni di 2 pentiti di camorra, Michelangelo Mazza che partecipò alla rapina del 1989 e il capoclan Salvatore Lo Russo, che hanno dichiarato: «Il Pallone d’oro fu fuso». Sono stati smentiti.

La ricerca

A caldo, subito dopo la rapina, Claudia Villafane allora moglie di Maradona dichiarò: «Siamo molto addolorati. Diego è molto contrariato». Colpito a tal punto che, per anni, cercò di recuperare il suo prezioso Pallone per vie traverse. Si mossero esponenti dei clan camorristici Licciardi, Contini e Lo Russo. Dichiarò Salvatore Lo Russo: «Offrii anche 15 milioni di lire ai clan dei Quartieri spagnoli, ma nessuno aveva il Pallone che fu fuso in lingotti». E rivelò l’ex pentito Pietro Pugliese: «C’ero anche io quando Diego chiese a Lo Russo di recuperargli il Pallone d’oro». Probabile che, per le difficoltà a fondere il prezioso premio, che era solo bagnato d’oro e non interamente d’oro, chi ne fu incaricato nel 1986 lo abbia venduto a insaputa degli altri. Era un “oggetto scomodo” disse il pentito Michelangelo Mazza. Probabile che il Pallone d’oro abbia cambiato più proprietari fino ad arrivare al gallerista franco-algerino che, da ex gioielliere, è sicuro: «Non credo potesse essere praticabile fondere il Pallone». Ma a quanto potrà essere venduto all’asta del 6 giugno? C’è chi azzarda un valore tra i 12 e i 15 milioni, ricordando che Sotheby’s riuscì a piazzare a 9 milioni la maglia indossata da Diego ai quarti di finale dei Mondiali del 1986. Di certo, tra le regole fissate dalla «Aguttes», oltre alla possibilità di visionare il Pallone dal 21 maggio nella sede di Neuilly-sur-Seine, compaiono anche le percentuali che le spettano per l’acquisto: oltre il 20 per cento in caso di vendita a prezzo superiore ai 5 milioni.  Fonte: Il Mattino

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