In porta l’Empoli schiera Caprile che sarà mentalmente con la testa al futuro

​Il portiere dell’Empoli è di proprietà del club azzurro

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C’era una volta un ragazzino che prima di addormentarsi ascoltava le favole di un super eroe con la maglia azzurra numero 10 sulle spalle. Quello stesso ragazzino è cresciuto nel mito di quel super eroe, ma con il tempo ha deciso di togliere uno 0 da quella maglia. Indossa la numero 1 dell’Empoli, ma Elia Caprile è di proprietà del Napoli. È nato a Verona ma suo padre napoletano non faceva altro che parlargli di Maradona. Quest’anno si è avverato il sogno di giocare in serie A con l’Empoli ma un domani nemmeno troppo distante nel tempo si potrebbe coronare anche quello di difendere la porta del Napoli nello stadio intitolato proprio a Maradona.

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La storia 

 

La prima chiamata, quella che di fatto gli ha cambiato la vita, è stata quella del Chievo. Tutta la trafila, dai pulcini fino alla prima squadra. Ma quando ha capito che in Italia non c’era spazio per emergere ha preparato la valigia è si è trasferito in Inghilterra, destinazione Leeds. Anche lì squadra giovanile, ma rimanendo sempre alla finestra della prima squadra dove Marcelo Bielsa incantava con allenamenti all’avanguardia e un lavoro mai visto prima. In mezzo c’è stato il Covid, con il lookdown vissuto a migliaia di chilometri da casa. Lontano da tutti Elia si è rafforzato ancora. Aveva poco più che 20 anni, ma è stata l’occasione giusta per crescere ancora più in fretta. Dopo l’esperienza in Inghilterra è arrivata la Pro Patria che non ha esitato un attimo ad affidargli la porta della prima squadra. Sempre titolare, sempre protagonista. Abbastanza per essere notato da Ciro Polito, direttore sportivo del Bari, che lo ha immediatamente portato in Puglia per giocare un campionato di serie B di vertice. La promozione sul campo è stata solo sfiorata – con la sconfitta in finale playoff contro il Cagliari – ma è arrivata ugualmente dopo la chiamata dall’Empoli. Una scommessa per il club del presidente Corsi, ma anche per Caprile che non ha avuto paura dell’ennesimo salto di categoria. Subito l’esordio contro il Verona ma poi un infortunio alla caviglia ne ha rallentato il percorso. Ha dovuto aspettare la fine di dicembre per tornare in campo, ma da quel momento si è preso le chiavi della porta dell’Empoli e non le ha più buttate via. È anche grazie alle sue parate che oggi la squadra passata da Andreazzoli a Nicola è ancora in piena lotta per conservare la serie A. Nell’ultima partita le parate super di Caprile non sono bastate all’Empoli per evitare una sconfitta contro il Lecce maturata solo nel finale di gara.

 

Il legame 

 

In tribuna a seguirlo come sempre mamma, papà e suo fratello minore, che gioca anche lui, ma non da portiere: è un terzino della Virtus Verona. Il legame con la famiglia è uno dei grandi segreti di Elia Caprile, ragazzo serio che non ha altri pensieri diversi dal calcio. Il papà napoletano non è di quei padri stressanti che fin da piccoli si mettono nelle orecchie dei figli per inseguire il sogno di diventare calciatori, anzi, è sempre pronto a dare un consiglio e a mettere tranquillità nella testa del ragazzo.

 

Il futuro 

 

Ma anche per dare una grande soddisfazione al padre, Elia Caprile vuole assolutamente coronare il sogno di giocare con la maglia del Napoli. La scorsa estate il suo cartellino è passato dal Bari al club azzurro e la stagione 2024-25 potrebbe essere quella della grande occasione. Meret potrebbe decidere di cambiare aria e lasciare il suo testimone nei guantoni del ragazzo veronese che sogna di giocare nello stadio intitolato all’idolo di papà. Di sicuro domani pomeriggio ci sarà anche lui in tribuna con il cuore diviso. Sperando che il figlio possa mettersi in mostra con le sue parate per convincere la dirigenza azzurra ad affidargli il ruolo di titolare nella prossima stagione, se davvero Meret deciderà di lasciare il Napoli. Allora sì, la favola sarà completa. Riscritta con un capitolo in più, extra. Il lieto fine che nemmeno il papà di Caprile avrebbe potuto immaginare quando gli raccontava le gesta del «suo» Napoli e di quel campione che si chiamava Diego Armando Maradona. Tratto da Il Mattino

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