ESCLUSIVA – Fabio Cannavaro a Il Mattino: “Il Napoli campione d’Italia figuracce non le può fare, e trovare un posto anche in Europa”

L'ex difensore analizza la sconfitta contro l’Atalanta e una stagione che è da dimenticare

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Il Napoli si è messo in ginocchio per drizzare la schiena: «Su certi temi come la discriminazione non può essere solo una questione di quello che dice Jesus e quello che sostiene Acerbi. Io incertezze non le ho mai avute sul razzismo, perché sono cresciuto avendo al fianco uno come Lilian Thuram. Per me anche quando mi chiamavano “terrone” dagli spalti era razzismo: era insopportabile, come fare buuu. Ma in campo mai nessuno me lo ha mai detto: avrei preso 10 giornate di squalifica, ma a lui avrei fatto una faccia così». Fabio Cannavaro non è solo l’ultimo Pallone d’oro del calcio italiano (che a Pasqua Geolier e Rocco Hunt hanno voluto toccare personalmente). È la figurina più bella, il simbolo della nostra Grande Bellezza. Anima di Napoli. Ovvio. Era l’uomo giusto come traghettatore ma De Laurentiis ha guardato altrove.

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Cannavaro. Dopo l’effetto Garcia, l’effetto Mazzarri, è finito pure l’effetto Calzona?
«Quella con l’Atalanta è una sconfitta che lascia il segno. Prima e dopo la sosta per nazionali, sono le partite più complicate per chi ha dei problemi come li ha il Napoli. Ed è l’aspetto mentale quello su cui bisognava lavorare di più. Ed è proprio lì che ho visto una squadra scarica, molle. C’era rassegnazione».

Trova degli alibi?
«Fatico. Il prezzo della presunzione di chi doveva scegliere le persone giuste al posto di chi è andato via e non lo ha fatto. Spalletti ha chiesto l’anno sabbatico, ma perché lo ha chiesto? Questo ha consentito a molti giocatori di rilassarsi, assopirsi, sedersi sugli allori. Io stando con la Nazionale negli Stati Uniti ho capito ancor di più dei meriti di Luciano Spalletti».

Ovvero?
«Spesso nei suoi due anni napoletani abbiamo condiviso idee ma vederlo parlare allo spogliatoio tra la gara con il Venezuela e quella con l’Ecuador, vedere come ha richiamato vari giocatori a un maggiore impegno, i termini e i toni usati per motivare gli azzurri, mi hanno fatto comprendere ancor di più l’impresa compiuta a Napoli».

Un esempio?
«Ecco, mi immagino cosa sarebbe successo alla ripresa degli allenamenti a Traoré, Anguissa, Raspadori per l’errore fatto in occasione del primo gol dell’Atalanta: loro sono immobili, imbambolati, spettatori mentre ben quattro bergamaschi occupano l’area piccola. Li avrebbe fatti a pezzi. E devo dire: ha ragione lui, vedo molto di Lippi nel suo modo di fare».

Cosa l’ha colpita del Napoli di sabato?
«C’erano tre marce di differenza: ci sono partite dove tecnicamente sei inferiore e magari lo sei anche tatticamente. Ma non puoi esserlo sotto il profilo della voglia, della vena. Ho visto il “body language” di resa. Ecco, lo scudetto Spalletti lo ha vinto perché in 10 tornavano a difendere come dei fulmini, ora avviene il contrario. E i gol dell’Atalanta sono le specchio. Cosa puoi chiedere al terzo allenatore? Di far correre uno in mezzo al campo? Ma se uno non lo capisce da solo, di cosa parliamo?».

Ne è venuta fuori una durissima contestazione, il calcio è senza memoria?
«Per me fischiare come hanno fatto i tifosi del Maradona non va bene. Io non lo accetto. Perché si sta sempre vicino alla squadra. Soprattutto quando le cose vanno male come sta succedendo adesso. Andavo in curva pure quando si rischiava di andare in B, con le salvezze che venivano raggiunte nelle ultime giornate. Dimenticare quello che hanno fatto un anno fa non è corretto, non è giusto».

 

Però, perdere 3-0 in casa…
«Il tifoso del Napoli è appassionato, se vede la squadra che lotta, combatte, l’applaude. Ma con l’Atalanta, non c’è stato nulla di tutto questo. Ed era una gara da vincere a tutti i costi. Ed è quello che i napoletani non perdonano».

Da dove iniziare la ricostruzione?
«Non mi piace che venga usata questa parola, non credo che ci sia bisogno di azzerare per ripartire e spero che De Laurentiis non lo faccia. Ci sono dei valori tecnici pazzeschi, io penso che quello che serve è rimettere a posto le cose che non vanno perché mica bisogna mandar via Lobotka, Di Lorenzo, Anguissa, Kvara».

Cosa proprio non manda giù?
«Non sopporto come hanno trattato Zielisnki che già, poverino, sembra uno che non c’entri nullla. Uno che per 8 anni ha dato l’anima, perché non deve andar via tra gli osanna? Ci manca poco che debba scappare da Napoli di notte, quasi di nascosto».

Da difensore pallone d’oro, come si fanno a prendere i gol presi con l’Atalanta?
«Calzona ha trovato un fritto misto, la difesa prima ti azzannava, non ti faceva respirare, in due o tre secondi riaggredivano. Non è che Rrhamani e Jesus sono scarsi, è che manca quel lavoro che faceva Spalletti. E che lui e pochi altri riescono a fare».

Cosa deve fare il Napoli in questi cinquanta giorni?
«Deve cercare di rialzare la testa, perché da qui inizia la prossima stagione. Il Napoli campione d’Italia figuracce non le può fare. E deve trovare un posto anche in Europa, pure se non è la Champions ma la porta di servizio. Altrimenti sarebbe un fallimento totale».

 

Fonte: Il Mattino

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